Che strano Paese è il nostro. Nella Capitale si parla di cinghiali: chi vorrebbe sterminarli, chi farli in umido con la polenta, chi sterilizzarli, chi adottarli. Intanto scorrazzano e assediano il centro. È cambiato il sindaco ma i problemi sono quelli di sempre: la strega Virginia Raggi fu bruciata in piazza mentre il beato Roberto Gualtieri gode di pietà mediatica. È la stampa bellezza, avrebbe detto un Humphrey Bogart contemporaneo di passaggio da Piazza Navona.
Anche per questo la politica ha perso il suo appeal. La gente va sempre meno a votare e i talk show, una volta tanto amati, spingono i telespettatori su Netflix o su Prime Video. La politica parla sempre delle stesse cose che interessano sempre di più ai partiti e sempre meno alla gente. Non è qualunquismo, è la realtà. Lo dimostra la crisi del Pd, una volta partito di massa, oggi ridotto a partito-salotto dove si discute persino sulla scelta del tè. A proposito di divisioni la sinistra non ha mai smesso di praticare questo sport: dal congresso di Livorno del 1921 ad oggi sono passati più di cento anni ma i distinguo, le spaccature e le scissioni sono state più dei compleanni. E ci sta provando anche adesso in attesa dei gazebo. La destra governa litigiosa e divisa, ma ha trovato il suo modo di vincere appiccicandosi insieme grazie proprio a una legge elettorale fatta dal Pd per fregare il Movimento 5 Stelle nella precedente legislatura. Sappiamo tutti come è andata a finire. Allora. E ora. Comunardo Niccolai, re degli autogoal del Cagliari dello scudetto, non avrebbe saputo fare meglio: due su due.
Intanto si riscoprono gli anarchici che credevamo fossero spariti dai tempi di Valpreda e Pinelli vittime, vere, di un sistema deviato. Invece esistono, sono ancora quel movimento trasversale che attraversa “il mondo intero” e che purtroppo non ha lasciato le bombe nel cassetto della storia. La vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito, un sovversivo, non un padrino, che comunque merita la galera. Rischia un ergastolo ostativo per una bomba esplosa senza vittime. Non ha sciolto nessun bambino nell’acido come Matteo Messina Denaro ma la legge, e la Cassazione, dicono che deve stare al 41 bis. Francamente su questa vicenda la pensiamo come Diletta Belotti che ha scritto un pezzo impeccabile nel numero scorso de L’Espresso, anche se i continui disordini e violenze per le strade (condannabili senza se e senza ma) non fanno certo un favore alla causa dell’anarchico in sciopero della fame.
Intanto gli italiani pazienti (in tutti i sensi) si mettono in fila per i servizi sanitari. La storia di copertina di questa settimana raccontata da Gloria Riva disegna una mappa della sanità con le toppe che sta perdendo persino la sua funzione sociale: quando per una tac occorre un anno di attesa o, peggio ancora, mesi e mesi per avere un referto istologico dove una persona sta aspettando se le arriverà sulla testa una possibile sentenza di morte, c’è qualcosa che va al di là delle inefficienze, delle lungaggini, della mancanza di personale. È mancanza di umanità. Una Caporetto per quello che era uno dei migliori servizi sanitari pubblici del mondo che cede efficienza e fa avanzare gli interessi del privato.
“L’Italia è il Paese che amo…” esordì Silvio Berlusconi nel suo messaggio a reti unificate (le sue) quando decise di scendere in politica. Anche gli italiani amano l’Italia. Solo vorrebbero che l’Italia li amasse un po’ di più.