Una rassegna al MoMA di New York, tre film restaurati e un libro, curato dalla figlia, che la racconta. “Il segreto del mio successo? La libertà. E la mia fede nel destino: se una cosa deve accadere, accade”

Le mani tempestate di anelli, la voce graffiata dalle immancabili sigarette, la risata sfoderata ad arte per beffarsi delle convenzioni, delle rigidità, delle mediocrità. C.C., la migliore invenzione italiana assieme agli spaghetti secondo David Niven, a 84 anni ancora si emoziona: «Cinecittà e il MoMA di New York mi dedicano uno splendido omaggio: sentire che sono ancora nei pensieri degli spettatori di tutto il mondo mi dona gioia e energia». Con queste parole Claudia Cardinale commenta il tributo di Cinecittà alla sua carriera: una mostra al Moma a lei dedicata fino al 21 febbraio, il restauro di tre suoi film (La ragazza di Bube, L’udienza e Atto di dolore) e il libro curato dalla figlia Claudia Squitieri dal titolo Claudia Cardinale, l’indomabile (edito da Cinecittà ed Electa).

Indomabile è l'aggettivo che la descrive di più?
«L'ha scelto mia figlia che mi conosce come nessun altro: mi fido».

Anche da ragazza era così?
«Altroché, ero un vero garçon manqué, quello che in Italia chiamiamo “ragazzaccio”. Mi divertivo a prendere i treni in corsa da Cartagine a Tunisi, facevo a botte con i maschi, rispondevo a tono a chi faceva qualcosa di scorretto. Una volta John Wayne mi disse: “Tu sei un uomo, non una donna”, aveva ragione».

Il tempo è riuscito a domarla?
«Niente affatto, non mi sento molto cambiata da allora. Ho sempre voluto dare ascolto alla mia indomabilità, perché mi ha permesso di vivere emozioni fortissime. Nella vita, come al cinema».

Il libro è firmato da sua figlia Claudia, con cui ha un legame forte già dal nome.
«Siamo molto vicine, in effetti. Quando sono venuta a vivere in Francia, nel 1989, abitavamo insieme in un appartamento. In Italia era diverso, stavamo in una grande villa, ma io lavoravo tanto: mia figlia un giorno mi vedeva cucinare la pasta, un giorno prepararmi per il Festival di Cannes, la vita era piena. Più avanti ho potuto riprendere appieno il mio ruolo di madre e, con il tempo, l’ho vista diventare una donna e occuparsi lei di me, dei miei spostamenti, dei miei impegni, delle mie esigenze».

Come ha reagito quando ha saputo che avrebbe scritto un libro su di lei?
«Ho grande fiducia in mia figlia, mi conosce a fondo. Insieme abbiamo fondato, anche con mio figlio Patrick, la Fondazione Claudia Cardinale per proseguire le mie lotte per la difesa delle donne con Unesco e dell’ambiente insieme a Green Cross Italia».

Si batte da sempre per i diritti delle donne: a che punto siamo, nel mondo e in Italia?
«Il movimento MeToo ha fatto cambiare le cose, portando al centro del dibattito la donna con la “d” maiuscola. Purtroppo nel mondo i nostri diritti vengono ancora negati e alcune vittorie ci vengono strappate. È una battaglia che va combattuta ancora oggi e andrà proseguita per tanto tempo, fin quando non avremo più motivo di lottare».

Pensa sia arrivato il momento di una donna al Quirinale?
«Sicuramente. Vorrei che fosse una donna femminista, però. Altrimenti che senso ha?»

L’Italia è famosa nel mondo per la sua arte, per il cinema, eppure non si fa altro che tagliare fondi alla cultura. Come se lo spiega?
«Con grande tristezza. Che io ricordi l’Italia ha sempre avuto difficoltà a proteggere la sua cultura, e dire che ce n’è tanta!»

Un ricordo dell’amico Ennio Morricone?
«Che uomo. Che genio. Era pura energia, un amico splendido. Mi manca tanto».

Cosa le resta degli incontri con Marcello Mastroianni, Marlon Brando, Alain Delon e Jean Paul Belmondo?
«Ricordi indelebili. Con Delon e Belmondo eravamo molto amici, con Marcello ci legava un rapporto di profonda stima e affetto. Con Brando c’è stato solo un incontro, ne rimasi molto impressionata».

Perdoni, perché li rifiutò tutti quanti?
«Beh, anzitutto perché avevo un compagno, Franco Cristaldi!».

Che differenza c’è tra quegli attori leggendari e gli attori di oggi?
«Oggi ci sono tantissimi attori, prima erano molti meno e quelli che c’erano avevano raggiunto un livello altissimo. Ora mi pare ci sia un po’ di tutto, ma anche interpreti di grande talento».

Che opinione ha del nostro cinema, oggi?
«Fluttuante. Ogni tanto ci sono delle folgorazioni».

Da chi le piacerebbe essere diretta?
«Sento la necessità di aiutare i giovani. È così difficile fare un primo film, trovare credibilità, muovere i primi passi. Mi è capitato di recitare in diverse opere prime, quando amo una sceneggiatura mi viene naturale sostenere certi progetti. I giovani portano un’energia bella, frizzante, piena di sogni. Ma per ora preferisco godermi un po’ di riposo».

Se le chiedessi il suo film preferito, tra quelli che ha girato?
«Sarebbe come chiedermi di scegliere tra i miei figli. Posso dire che La Ragazza di Bube, che Cinecittà ha appena restaurato, rappresenta bene quel lato “indomabile” del mio carattere».

Si sentiva la diva che tutti ammiravano e premiavano?
«Non tanto. Almeno non quel tipo di caricatura della “diva” a cui siamo abituati. La mia famiglia mi ha dato una base solida».

La figura pubblica è mai diventata ingombrante per la sua vita privata?
«Sì, certo. Quando lavoravo così tanto da girare quattro o più film l’anno di tempo privato ne avevo ben poco».

Ci racconta un momento di crisi, e come l’ha superato?
«Dopo l’incontro con Pasquale Squitieri e la separazione con Franco Cristaldi le cose sono state molto difficili. Ma ho sempre creduto nel destino, non mi sono preoccupata più di tanto e poi ero innamorata, il che mi ha molto aiutato. Nei momenti duri mi sono sempre affidata alla mia famiglia, a mia sorella Blanche e a Pasquale (Squitieri, Ndr).».

È fatalista?
«Da sempre. C’è un detto arabo che amo: “Maktub”. Significa: così è scritto, se una cosa deve accadere accade. Non sono nostalgica, non ho rimpianti né rimorsi e non temo il passare del tempo. Maktub».

Ha viaggiato ovunque, dov’è “a casa”?
«La Tunisia rimane per me la terra natale. Ho amato l’Italia e ora è in Francia, dove vivo da anni, che mi sento a casa».

Guardandosi indietro, qual è il segreto della sua carriera?
«La mia professionalità. Sono sempre stata puntuale e concentrata sul lavoro».

E il valore che più l’ha aiutata?
«La libertà».

Chi sente di ringraziare per essere diventata l’indomabile?
«Franco Cristaldi, Fabio Rinaudo e tutti quelli che hanno investito tempo e pensieri su di me. L’indomabilità, però, la devo solo a me stessa».