La più nota è quella di Melville che «sotto la quiete apparente nascondeva un uragano», ma chiunque sa che la balena, che ci dice quanto è profondo il mare e quindi quanto è grande il mondo, è più minacciata che minacciosa (nonostante la letteratura ci suggerisca il contrario). Abbiamo fatto di tutto per addossarle ruoli da antagonista, stravolgendo la Bibbia che nel libro di Giona ci racconta del profeta inghiottito da quello che pare un mostro marino primordiale, o la favola più nota al mondo, Pinocchio, che finisce nel ventre di un pesce cane dove ritrova il padre: nella narrazione contemporanea queste sono diventate balene. E chissà che queste mistificazioni non siano arrivate per giustificare la caccia ai cetacei, che ha almeno 8.000 anni e incredibilmente continua anche oggi nonostante dal 1986 ci sia una moratoria internazionale per vietarla. Se ne infischia il (civilissimo?) Giappone che anche quest’anno ha fissato una quota di quasi 400 balene per i cacciatori, che per evitare gli assalti delle associazioni spesso vanno in mare travestiti da ricercatori.
È bello allora vedere che l’aeroporto di Fiumicino abbia scelto proprio una balena come opera per accogliere i milioni di viaggiatori che passano di lì ogni anno: è la Grande Anima dell’artista e designer Marcantonio. Un’installazione di 12 metri nella piazza principale dell’aeroporto, che pesa parecchi quintali ma sembra leggera come una nuvola appesa al soffitto del terminal. Una balena volante, che svetta e ci trasporta in una fiaba, perché a vederla sopra di noi sembra davvero di camminare in fondo al mare. Al suo interno migliaia di luci tutte diverse tra loro: vecchie lampade, lumini, lampadari, lampioni, insegne luminose che Marcantonio ha recuperato e sono cariche di storie personali, perché hanno illuminato le notti e le vite di tante persone. Siamo noi a tenere viva la Grande Anima, a permettere che questa si possa vedere anche da lontano. E se da una parte quello scheletro ci fa credere che per un attimo ci abbiano consegnato una vista a raggi X, perché quella balena è viva e la sentiamo nuotare, dall’altra ci fa sentire di avere fallito, di essere in pericolo perché in pericolo è il Pianeta. E speriamo sarà una promessa mantenuta questa operazione che è presa di posizione dell’aeroporto più grande d’Italia, che si è dato l’obiettivo di azzerare le emissioni entro il 2030, in netto anticipo rispetto ai target internazionali di un settore che vale da solo il 2% delle emissioni di CO2 del Pianeta. La balena è un simbolo anche per questo, perché il suo contributo alla lotta contro il cambiamento climatico è molto utile proprio perché questi enormi animali sono in grado di sequestrare grandi quantità di carbonio: contributo che noi ricambiamo con le microplastiche che le mettono in pericolo più della caccia, se si pensa che le balene azzurre arrivano a ingerirne fino a 40 kg al giorno.
Marcantonio è una superstar del design (da Armani a Natuzzi, da Qeeboo a Seletti, ha lavorato per giganti del settore) che però riesce ad abbattere la linea di confine tra questa disciplina e l’arte, con un’ibridazione della quale entrambi i comparti hanno un disperato bisogno.
Per i nativi americani la balena rappresenta il principio e la memoria della creazione: tra sogno magico e visione drammatica, l’equilibrio tra questi aspetti nella Grande Anima di Marcantonio sarà diverso per ognuno. E nessuno sarà sbagliato.