«Ti senti maschio o femmina?». «Io mi sento io». Federico è assegnato maschio alla nascita, ma subito, fin da quando aveva un anno e mezzo, trasferisce al mondo esterno la sua percezione di sentirsi invece una bambina. Non solo per gli abiti che vuole indossare, non solo per i giochi che predilige. C’è altro, ma i bambini non sanno come mostrarlo se non, almeno inizialmente, attraverso una serie di accessori che meglio possono far identificare come sentono davvero il loro corpo.
Sua mamma è Camilla Vivian e ha altri due figli. Cerca il modo per aiutarlo e per prima cosa gli concede la libertà di esprimere ciò che sente. Tuttavia sa che, per quanto amore si possa trasferire a un figlio quando è dentro casa, quella porta si aprirà e potrà entrare di tutto, colpire quella delicatezza, quel percorso fragile e intimo. «Tutti mi dicevano: “Vedrai che adesso passa”. Ma anche: “Forse è colpa tua. È solo un bambino anticonformista”». C’è sempre qualcosa che fai o non fai, perché non si riesce a credere che non sia indotto, temporaneo. Le persone adulte vengono associate a creature viziose e il discorso è sempre associato al sesso, alla perversione, alla prostituzione e questo perché manca la formazione sull’argomento.
Nel frattempo Camilla consulta qualsiasi fonte, cerca il modo per proteggere quella felicità non ordinaria. Scopre un mondo che è ancora vittima di tanti tabù, a causa dei quali molte famiglie si muovono a tentoni, sopraffatte dal dolore della solitudine. Ignorando come superare i propri limiti, le proprie aspettative, le paure di non essere adeguatamente seguite o informate sulle terapie, per esempio.
Per anni tante persone hanno continuato a vivere in modo infelice soffocandosi, mentendo, ferendosi come per punirsi ingiustificatamente, perfino togliendosi la vita. O sono state uccise, perché la società è incapace di accogliere ciò che non vuole conoscere. Perseguitate perché etichettate come mostri, contro natura. Ma l’identità non può essere trattata come una colpa e non è una scelta.
Camilla ha creato un blog e scritto due libri, ci mette la faccia, diventa un’attivista. Come può farcela da solo un genitore mentre ridà alla luce suo figlio? Lei l’ha fatto scegliendo di lasciare l’Italia e di trasferirsi in Spagna, dove abita dal 2017, dove per la sua esperienza non c’è discriminazione e le istituzioni sono pronte ad accoglierti. «Mia figlia ha potuto scegliere il suo nome. Lori è una studentessa iscritta a scuola con il suo genere. È riuscita a vivere la vita che merita qualsiasi altra bambina».
Elsa Ramos quando aveva otto anni si rivolse all’Asamblea de Extremadura in Spagna e il video diventò virale creando reazioni anche molto dure: «Ho il diritto di essere chiamata nel modo in cui mi sento. Sono una bambina transessuale e qui mi sento amata e rispettata. Continuate a fare leggi che ci tutelano. Abbiamo il diritto di essere ciò che siamo, non toglieteci la felicità».
Tutte le persone adulte a cui comprimiamo un diritto arrivano da questo percorso, sono state bambini e bambine come Lori, ma non tutte hanno la fortuna di avere una mamma come Camilla. «Misurate la correttezza del vostro agire dal sorriso di vostra figlia o vostro figlio: se sorride state facendo bene». E questo non vuol dire che sarà facile o senza problemi, ma un ottimo punto di partenza per aiutare i nostri figli e le nostre figlie.