Sbarcano dalla Libia. Arrivano dalla rotta balcanica. Entrano dal Friuli. Vengono dall’Africa, dall’Afghanistan, dal Pakistan, persino dai Paesi dell’Unione europea come la Romania. Ma non è un’invasione. È invece disperazione, dolore, fame, paura, miseria che talvolta si trasforma in strage. Sulle nostre coste, perché l’Italia è il primo Paese dell’Unione europea più facilmente raggiungibile. Rischiano la morte sui barconi sgangherati, partendo dalle coste turche, migliaia di nuovi migranti asiatici che non approdano alle isole greche, più vicine, più agevoli da toccare, ma allungano la loro roulette russa sul mare per arrivare in Italia semplicemente perché la Grecia non confina con nessun Paese dell’Unione.
L’Italia invece sì, e da lì è più facile ripartire. Vengono, ma non vogliono restare. Vengono per andarsene rischiando un’altra volta la vita per i passaggi impervi della costa Ligure a Ventimiglia oppure salendo su un treno, nel cassone di un camion, in un container col rischio di asfissiare, a piedi o in autostop, ma lasciano l’Italia perché alla fine l’Italia è solo un Paese di transito, non di arrivo. Vanno a Nord, nei Paesi scandinavi, in Germania, in Inghilterra, in Francia.
L’inchiesta di copertina di questa settimana, che ha orgogliosi tratti di giornalismo letterario, racconta proprio il fenomeno dell’Italia terra di passaggio per andare a cercare la terra promessa. Un’altra. Che i migranti non si fermino nelle nostre città è testimoniato dall’anagrafe: dal 2016 il numero dei figli di genitori stranieri è in diminuzione. Nel 2018 erano 65.444, tre anni più tardi 56.296, quasi 10 mila in meno, con un calo del 13%.
Il problema, quindi, non è nemmeno quello della redistribuzione perché si redistribuiscono da soli. E allora il problema sono i clandestini? Certo, ma poi neanche tanto. «Secondo il Sole 24 Ore», ha scritto Sergio Rizzo su L’Espresso «nel 2020 in tutta Europa sono stati individuati 557 mila immigrati irregolari. Ben 118 mila in Germania e 104 mila in Francia che con i clandestini non è certo tenera. Mentre in Italia, che in rapporto agli abitanti ha il più alto numero di forze dell’ordine, appena 23 mila». Tutto questo casino che fa il centrodestra per 23 mila persone?
Il problema vero è dei morti in mare, sulle spiagge. È lì che bisogna intervenire, è quello da evitare organizzando controlli, aiuti in mare, flussi d’immigrazione, accoglienza. Ma con azioni plausibili. Non con grida manzoniane come le super condanne agli scafisti che poi tanto gli scafisti non si prendono mai.
Ora è attesa l’ondata tunisina spinta dalle tensioni politiche e sociali. Il governo di Tunisi sta negoziando un prestito di oltre un miliardo con il Fondo Monetario internazionale. Ma per ottenere questi fondi dovrebbe impegnarsi in una serie di riforme che al momento, stante la situazione politica, appaiono improbabili. E anche la linea di credito attivata dalla Banca mondiale è stata interrotta.
L’Italia è impegnata ad aiutare la Tunisia con uno stanziamento di 200 milioni di euro visto che è il Paese più interessato agli sviluppi migratori. Se i soldi del Fmi non arriveranno, la Tunisia potrebbe dichiarare default con i flussi migratori che esploderebbero in un momento. Ne arriveranno altri. E altri ancora. Per andarsene. Ma solo quelli che avranno avuto la fortuna di non morire in mare.