Il leader del Carroccio pretende scuse, parla di “bufala” e minaccia querele. Ma la trattativa c’è stata. E lo scrive il giudice: “Gli atti posti in essere erano inequivocabilmente diretti verso l'obiettivo finale di finanziare illecitamente il partito per la trattativa avvenuta all'interno dell'hotel di Mosca”

Un’inchiesta giornalistica, documentata e condotta andando di persona sul posto, secondo i buoni, vecchi canoni del mestiere di cronista. E confermata poi anche da un’indagine giudiziaria della procura di Milano. Questo è stato il lavoro di Giovanni Tizian e Stefano Vergine pubblicato da L’Espresso nel febbraio del 2019, dove si raccontava di come Gianluca Savoini fosse andato a Mosca e in un incontro all’hotel Metropol avesse chiesto ai russi finanziamenti alla Lega (attraverso l’intermediazione su una fornitura petrolifera) per condurre una politica antieuropea. Ora il segretario della Lega Matteo Salvini torna a parlare di “bufala”, “sòla”, addirittura “macchinazione”, come ha già fatto e come ripete ogni volta che torna utile alla sua propaganda. Ma i fatti parlano chiaro e dicono altro, se solo li si vuole ascoltare. Eccoli riassunti nell’articolo che abbiamo pubblicato nell’aprile scorso in occasione dell’archiviazione del procedimento giudiziario da parte del Gip di Milano. (aggiornamento del 6 giugno 2023)

 

«Adesso aspettiamo le scuse di tanti, e prepariamo le querele per molti». Così Matteo Salvini ha commentato l'archiviazione dell'inchiesta sul caso Metropol, dopo che il gip di Milano, Stefania Donadeo, su richiesta della Procura del capoluogo lombardo ha deciso che non verranno processati i tre uomini indagati per la trattativa avvenuta all'interno dell'hotel russo il 18 ottobre del 2018, vale a dire Gianluca Savoini, esponente del Carroccio e fondatore dell’associazione Lombardia-Russia, l'avvocato d’affari Gianluca Meranda e l'ex bancario Francesco Vannucci.

Le parole di Salvini fanno pensare che non ci sia stata alcuna trattativa per finanziare illecitamente la Lega con denaro russo, e che sia invece stata tutta una montatura mediatica, tant'è che ora il vicepremier minaccia querele. Non è così. Anzi, è vero il contrario. A scriverlo è la stessa gip, Donadeo, nelle motivazioni dell'archiviazione: “Gli atti posti in essere erano inequivocabilmente diretti verso l'obiettivo finale di finanziare illecitamente il partito Lega, grazie ai rapporti che Savoini, presidente dell'associazione culturale Lombardia-Russia, aveva saputo tessere con influenti personaggi del mondo politico, economico, culturale russo", si legge.

L'inchiesta era stata aperta 3 anni e mezzo fa dalla Procura di Milano sulla base delle notizie rivelate dal nostro giornale sei mesi prima. La trattativa per finanziare la Lega con soldi russi era stata infatti svelata da un'indagine giornalistica anticipata da L'Espresso e contenuta ne “Il Libro Nero della Lega” (Laterza), pubblicato da Giovanni Tizian e Stefano Vergine nel febbraio del 2019.

Per capire che cosa è successo veramente al Metropol – era l'ottobre del 2018, Salvini era vicepremier e ministro dell'Interno, la Lega era in testa ai sondaggi e dopo pochi mesi si sarebbero tenute le elezioni europee – è utile rileggere le motivazioni con cui la Procura di Milano ha chiesto l'archiviazione del caso Metropol, decisione oggi accettata dal Tribunale con motivazioni sostanzialmente identiche.

L'inchiesta della Procura di Milano ha appurato che la trattativa per finanziare la Lega con soldi russi c'è stata. È consistita in 40 riunioni tenutesi tra aprile 2018 e luglio 2019, la più importante delle quali è avvenuta proprio il 18 ottobre del 2018 all'Hotel Metropol di Mosca. Il 17 ottobre, giorno prima del meeting al Metropol, in via riservata Salvini ha incontrato a Mosca il vicepremier russo, Dmity Kozak, insieme a Savoini, Meranda e Vannucci. Sempre il 17 ottobre, Salvini ha cenato a Mosca con Savoini, suo ex portavoce.


Il piano era questo: comprare gasolio da una società di Stato russa, rivenderlo a una società di Stato italiana e usare il margine di guadagno (che la guardia di finanza ha calcolato in 110 milioni di dollari) per finanziare la campagna elettorale della Lega per le elezioni europee del 2019 (da qui l'ipotesi di finanziamento illecito), oltreché per pagare una tangente ai russi coinvolti nella trattativa (da qui l'ipotesi di corruzione internazionale).
Salvini era informato delle trattative in corso per l'acquisto di prodotti petroliferi dalla Russia, ma “non sono mai emersi elementi concreti sul fatto che il segretario della Lega abbia personalmente partecipato alla trattativa” per finanziare la Lega: per questo non è mai stato indagato, hanno scritto i pm.
Perché la trattativa non è andata in porto? E come mai, se hanno trovato prova di tutti queste cose, i magistrati hanno chiesto l'archiviazione? Sul perché non sia andata in porto, i pm hanno scritto che la trattativa si è interrotta a causa delle rivelazioni della stampa, cioè quelle pubblicate in esclusiva da L'Espresso. Sui motivi dell'archiviazione, bisogna distinguere tra i due reati ipotizzati, cioè quello di finanziamento illecito e quello di corruzione internazionale.

Per il primo, la gip Donadeo ha scritto che i fatti accertati “non possono qualificarsi idonei a raggiungere, almeno potenzialmente, lo scopo, non essendosi conclusa non solo la fase finale di destinazione di una certa percentuale alla Lega, ma neanche l'operazione principale di compravendita di prodotti petroliferi”. Insomma, siccome il gasolio alla fine non è stato acquistato (come detto, la trattativa si è interrotta a causa delle nostre rivelazioni), si è deciso di non chiedere il processo per finanziamento illecito.

Sull'ipotesi di corruzione internazionale, il Tribunale di Milano ha spiegato che le prove raccolte "non sono sufficienti" a dimostrare il reato, "non tanto per il fatto che l'operazione economica non sia andata a buon fine, quanto perché i soggetti russi, con cui gli indagati si sono interfacciati, non appaiono rivestire la qualifica di pubblici ufficiali". Per il reato di corruzione internazionale è necessario infatti che il destinatario del denaro sia un pubblico ufficiale. Per capire se i due russi identificati al Metropol stessero trattando in rappresentanza di altri, cioè di pubblici ufficiali, la procura di Milano ha chiesto aiuto alla magistratura russa inviando una rogatoria, ma non ha mai ricevuto risposta.

In sintesi, la trattativa per finanziare la Lega c'è stata, Salvini forse ne era a conoscenza, ma le prove raccolte dai pm quasi sicuramente non avrebbero portato a una condanna degli indagati. Quindi, si è scelto di non fare neanche il processo. La conferma, l'ennesima, che la verità giudiziaria spesso non coincide con la verità storica.