A un primo e disattento sguardo le fotografie di Helmut Newton potrebbero sembrare parte di quel sistema della moda che negli anni ha mortificato le donne, ma in realtà il grande fotografo ha rincorso per tutta la vita una nuova ottica che infrange il tabù interpretandolo e prendendosene gioco. Questo perché quando ancora era Helmut Neustädter, figlio ribelle di una Berlino dove il fermento culturale era vivissimo, ha cominciato proprio affiancando una pioniera della fotografia: riesce a farsi assumere appena dodicenne come assistente da Else Ernestine Neuländer-Simon, pseudonimo di Yva, che attraverso l’approccio avanguardista riusciva a portare i soggetti oltre al genere.
Nelle sale di Palazzo Reale di Milano va allora in scena uno show molto profondo, che con 250 fotografie, riviste, documenti e video celebra la carriera di uno dei più importanti fotografi della storia (nato nel 1920). Fin dalle prime intricate vicissitudini che lo porteranno ad aprire uno studio a Melbourne, Newton sovverte la statica, serissima, artificiale fotografia di moda, che forse era tale perché pensava che nascondere l’umanità delle modelle servisse a esaltare i capi. Il suo lessico è un altro e ogni suo scatto (che tutti i grandi giornali del mondo facevano a gara per pubblicare) esalta l’indipendenza della donna, la sua forza. Spesso le ritrae in atteggiamenti che la società bolla come “maschili” e riesce con queste sue immagini a far emergere un erotismo fortissimo. Dirà di essere attratto dal cattivo gusto, perché quello buono, o almeno quello che la società ci fa credere lo sia, è noioso. Allo stesso tempo Newton sembra suggerire una decadenza del mondo della moda, che immortala sfottendola, sfidando i preconcetti di quel mondo così chiuso ed elitario.
Ecco allora negli anni Ottanta e Novanta, davanti al suo obiettivo, alternarsi personaggi dirompenti come Andy Warhol e David Bowie, David Lynch e Madonna, Marcello Mastroianni e Niki De Saint Phalle e molti, molti altri.
“In Legacy”, curata dal direttore della Helmut Newton Foundation Matthias Harder e dal critico Denis Curti, ci vediamo offerta l’eredità di un Newton (morto da divo schiantandosi con la sua cadillac contro un albero in Sunset Boulevard nel 2004) che usava la luce come stimolo del desiderio, la sfrontatezza come sfida alla volgarità, il “cattivo gusto” come immaginazione di altri mondi.
C’è tempo fino al 25 giugno per visitarla e va ricordato che il progetto di allestimento della mostra prevede l’impiego di materiali sostenibili. Riciclati, riciclabili e riutilizzabili. Dovrebbe essere la regola negli spazi espositivi pubblici.
LUCI
Continua la guerra tra la Disney e il governatore della Florida Ron DeSantis, che con la legge ribattezzata “Don’t Say Gay” vieta qualsiasi discussione su orientamento sessuale e identità di genere nelle classi elementari e medie. Per tutta risposta il parco Disney World ospiterà la più grande conferenza Lgbtq+ al mondo.
E OMBRE
La preside di una scuola in Florida è stata licenziata perché ha mostrato ad alunni di dodici anni il David di Michelangelo, giudicato da alcuni genitori pornografico. «Avrebbe dovuto avvisare i genitori della volontà di fare una lezione controversa», dice il provveditore che l’ha cacciata. Che c’è da aggiungere?