Per l’influencer ventiduenne gli anni della formazione sono stati molto duri. Così racconta le sue difficoltà: «Perché non tutti dobbiamo farcela allo stesso modo. È una consapevolezza importante che vorrei diffondere»

«Ho iniziato ad andare in terapia a scuola. Anche perché era un modo per perdere un’ora di lezione» Gaia Clerici lo racconta e poi scoppia a ridere. Oggi è un’influencer molto seguita sui social dove racconta la sua vita, condivide con i suoi follower sia le foto e i video delle giornate in cui si sente bene con se stessa, sia i pensieri che ha in testa nei momenti no.

 

«Dal primo giorno in cui ho avuto accesso allo sportello psicologico, però, non ho più smesso di andarci. “Per favore posso venire in tutte le ore in cui c’è lei?” ho chiesto al professionista che aveva iniziato a seguirmi. Per me è stato di grande aiuto, tanto che poi ho continuato il percorso psicologico anche fuori dalla scuola».

 

Per Clerici gli anni della formazione sono stati difficili. «Mi sentivo fuori luogo, non ero brava. Ho cambiato scuola alle elementari, classe alle medie e ho frequentato cinque istituti diversi alle superiori. In prima liceo i professori si sono accorti che avevo difficoltà nell’apprendimento. Così tramite i test ho scoperto di essere disgrafica, dislessica, discalculea, disortografica. Ma gli istituti che ho frequentato non mi hanno supportato, molti non sono pronti a offrire metodi d’insegnamento efficaci per studenti come me. Così il primo anno sono stata bocciata. E sono arrivata al quarto stremata, non trovavo più la forza neppure per fare amicizia con i compagni di classe. In quel momento ho detto “basta” e ho lasciato».

 

Clerici racconta di aver preso il diploma in ritardo rispetto al percorso standard: si è iscritta alle scuole serali, grazie al supporto di sua madre. «Oggi sono soddisfatta di me stessa. Non siamo tutti uguali, non tutti dobbiamo farcela nello stesso modo, non tutti riusciamo a portare a termine allo stesso modo il percorso scolastico. Ed è giusto che ci siano delle strutture che diano un supporto specifico a chi ne sente il bisogno. Per me gli anni di scuola sono stati difficilissimi, sono stata male e non penso sia giusto far sentire le persone inadatte solo perché hanno dei tempi o dei modi differenti da quella che viene definita normalità. A mio fratello che si è appena laureato faccio sempre i complimenti perché è riuscito a sopportare un sistema competitivo in cui devi essere sempre performante. È stato bravo, ha avuto la lode, ma sono certa che se non l’avesse presa ci sarebbe stato male. E questo non è giusto».

 

Clerici racconta come il timore del giudizio altrui caratterizzi anche chi crea contenuti sui social. Spiega che spesso gli influencer molto giovani si trovano ad affrontare all’improvviso il mondo della popolarità senza averne gli strumenti: «In questo sono stata fortunata perché visto che ho alle spalle così tanti anni di terapia sono riuscita ad affrontare le sfide della notorietà. Ma non è per tutti così, conosco molti creator che hanno pagato conseguenze pesanti a livello mentale. All’inizio è tutto molto bello perché ti segue solo chi è veramente interessato a te. Man mano che aumentano i follower però il pubblico si costruisce un’immagine di te e si fa delle aspettative che tu senti di dover rispettare anche quando non sono vere. Perché la vita di nessuno è davvero perfetta».