Il giorno dopo il saluto di Fabio Fazio alla Rai è tornato con vigore il gioco linguistico preferito dalla destra a mezzo stampa, un riutilizzo dei modi di dire che si pensavano infeltriti come un maglione di cachemire di Bertinotti maltrattato da una lavatrice maldestra. E l’esempio non è certo preso a caso.
Neanche fosse una partita a Scarabeo, ecco il ritorno trionfale del “comunista col Rolex”. Così mentre si scoprono mano a mano i dettagli della fuoriuscita del conduttore di “Che tempo che fa”, della trattativa con Discovery cominciata un paio d’anni addietro, il rimpallo del contratto e il balletto della firma mancata, quello sui cui si concentrano gli attacchi variegati sono il costante e puntuto accostamento della cosiddetta “sinistra” al vil denaro.
In sintesi, come può un professionista che esercita il suo mestiere chiedere in cambio dei soldi? Incredibile, inaccettabile. Ecco così che sulla Verità l’editoriale di Maurizio Belpietro si lascia andare a un: «Macché epurato: il partigiano Fabio segue i soldi”. E prosegue definendolo “apostolo della libertà di stampa” quando in realtà incassa una bella cifretta e così via.
Poi Fazio che si frega le mani (piene di denaro ovvio), Fazio che molla la Rai per dieci milioni di motivi, i suoi sodali che “frignano per la cacciata mentre Fazio conta i soldi”. Sfogliando in giro da Libero al Giornale si leggono altre ilarità variegate. Il più divertente è sugli “orfanelli di Telekabul”, dove “La sinistra strilla per l’addio dello strapagato compagno” che, stando alle regole del gioco di cui sopra, visto che è considerato un temibile militante di sinistra deve lavorare gratis. No attico a New York (come Saviano d’altronde), no trattative, no compensi, no party. Perché in sintesi “In quarant’anni di Rai Fazio è stato fedele solo ai soldi”, lo sanno tutti. Che poi “Che tempo che fa”, visto da due milioni e mezzo di spettatori, fosse interamente pagato dalla pubblicità che portava a casa sono dettagli, inutile stare a perderci del tempo. L’importante è attaccare per far pesare meno la perdita del programma ventennale che ancora non si sa come sostituire e con quale volto, visto che per esempio il nome di Bonolis che circolava in questi giorni, qualche cosa costicchia pure lui.
Insomma, per usare un termine caro allo stesso Fazio, è tutta una questione di narrazione, per attutire il colpo in modo colorito. In fondo, come un maglione di cachemire.