Giorgia Meloni bacchettata ancora sui diritti Lgbt: per il governo l’imbarazzo internazionale è continuo

Dopo le critiche mosse da Bruxelles e il richiamo del Parlamento Europeo, anche il Canada riprende l’esecutivo sulla cancellazione delle famiglie arcobaleno. Il tema ormai è diventato un enorme problema di immagine per l’Italia fuori dai nostri confini

Sul sito della presidenza canadese si legge «è stato uno scambio di opinioni» sui diritti Lgbt. Ma in realtà è stato uno scontro tra mondi e tra epoche. Tra il mondo di Giorgia Meloni: dove le famiglie arcobaleno non esistono, l’omotransfobia aumenta e i diritti delle persone trans sono sotto attacco e quello di Justin Trudeau dove da decenni le persone Lgbt possono avere dei figli, sposarsi, adottare senza essere trattati come persone malate da curare. 

 

Uno scontro, dunque, quello consumatosi nel corso del bilaterale che si è tenuto stamattina a Hiroshima prima dell'avvio dei lavori del G7. Secondo i media canadesi presenti alla prima parte del bilaterale, Trudeau si è detto «preoccupato da alcune» delle posizioni «che l'Italia sta assumendo in merito ai diritti Lgbt». La premier, si legge nella nota canadese, «ha risposto che il suo governo sta seguendo le decisioni dei tribunali e non si sta discostando dalle precedenti amministrazioni».

 

Il problema è questo: la presidente Giorgia Meloni tutte le volte che esce fuori dal rassicurante raccordo anulare viene strattonata per gli attacchi sferrati alla comunità arcobaleno italiana. Dall’Unione Europea fino al Canada. 

 

Fuori dai confini non sta bene per un paese fondatore dell’Unione Europea essere associato nell’immaginario dell’opinione pubblica mondiale a una donna che punta a cancellare le famiglie arcobaleno, contraria a una legge contro l’omotransfobia, che apre le porte del governo ai fondamentalisti cattolici anti-abortisti e anti-lgbt.

 

Le preoccupazioni per un rischio “orbanizzazione” dell’Italia erano già arrivate da Bruxelles: «C’è assolutamente il rischio di una 'orbanizzazione' dell'Italia. Questa è la paura che sta dietro molti degli sviluppi che vediamo. Ci possono essere sviluppi contrari allo Stato di diritto in Polonia e Ungheria, ma l'Italia è un Paese fondatore e uno dei più grandi dell'Unione», aveva dichiarato la copresidente del gruppo dei Verdi/Ale nel Parlamento Europeo, la tedesca Terry Reintke, durante una conferenza stampa insieme al sindaco di Milano Giuseppe Sala in visita al Parlamento Europeo per chiedere aiuto contro lo stop alle registrazioni dei figli di coppie omogenitoriali da parte di alcuni Comuni in Italia.

 

Poi è arrivata la condanna del Parlamento europeo: «le istruzioni impartite dal governo italiano al comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali». Una condanna scritta, arrivata con un emendamento al testo della Risoluzione sullo Stato di diritto che «ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli; ritiene che tale azione costituisca una violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989».

 

Nel quadro più ampio, «si esprime preoccupazione per il fatto che tale decisione si iscrive in un più ampio attacco contro la comunità Lgbtqi+ in Italia e invita il governo italiano a revocare immediatamente la sua decisione».

 

In ultimo l’emendamento di condanna che ha paragonato l’Italia per la prima volta a Polonia e Ungheria per la retorica anti-lgbt e anti-migranti, un segnale politico per il partito della premier in vista delle europee del 2024

 

Così con l’ultimo affondo del Canada all’Italia il problema delle famiglie arcobaleno in Italia cresce sotto gli occhi del mondo. Per non essere un tema, come ha detto irritata la presidente del Consiglio, fa rumore. Torna al centro del dibattito politico proprio mentre i media lo allontanano. Il Partito Democratico ha presentato due emendamenti alla proposta di legge di Fratelli d’Italia che pone una stretta alla maternità surrogata: uno chiede l’abrogazione della norma che prevede il reato universale, l’altro consentirebbe ai sindaci la trascrizione dell’atto di nascita dei figli delle coppie gay dopo lo stop imposto dal governo Meloni.

 

Una leader "fuori posto” per il deputato del Pd Alessandro Zan: «Meloni farebbe bene a ricordare che al G7 non c’è Orban, non c’è Duda, ci sono i leader del mondo occidentale dove i diritti sono patrimonio comune. Quella fuori posto è solo lei».

 

Mentre si dice imbarazzato il segretario di Più Europa Riccardo Magi. «Da italiano e da europeo sono sinceramente imbarazzato. Siamo nel 2023, al G7, tra i grandi del mondo, e ancora dobbiamo essere richiamati per i diritti negati alla comunità Lgbti+. Imbarazzato perché rispetto al Canada e a un premier liberale, quale è Justin Trudeau, che nel corso della sua amministrazione ha legalizzato la cannabis, l’Italia è il buco nero d’Europa sui diritti. Imbarazzato per le persone Lgbti+ che vivono in Italia e per l’isolamento internazionale a cui il governo Meloni sta relegando il nostro Paese». 

 

Non si stupisce la deputata dem Laura Boldrini: «Perché stupirsi se Trudeau nell'incontro con Meloni si dice preoccupato per le posizioni sui diritti Lgbt, quando la destra ha affossato il Ddl Zan? Questo governo oscurantista, che non riconosce i diritti, danneggia l'immagine dell'Italia "in tutto il globo terracqueo”».

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