Diritti
La maggioranza ha azzerato la proposta per il voto ai fuorisede
Il testo della legge che doveva agevolare il voto per chi non abita nel comune di residenza diventa una delega in bianco all’esecutivo. Che sembra più un espediente per perdere tempo
Le regioni in cui si è votato di meno sono anche quelle da cui proviene il numero di più alto di fuorisede. É andata così, come certifica un’analisi condotta da Pagella Politica, alle elezioni del 25 settembre 2022, quando alle urne si è recato il 63,9 per cento degli avanti diritto: poco più di 29 milioni di persone su 46. Il dato peggiore della storia repubblicana.
L’affluenza più bassa era stata in Calabria. Seguita da Sardegna, Campania e Molise. Che sono anche le regioni in cui è maggiore l’incidenza di chi abita fuori dal Comune di residenza per studio o lavoro. Ennesima dimostrazione che garantire la possibilità di votare anche a chi vive lontano da casa è uno degli strumenti necessari a contrastare l’astensionismo. Che la maggior parte dei paesi europei, tutti tranne Cipro, Malta e l’Italia, hanno adottato.
Nel nostro Paese, dopo anni di battaglie, un progetto di legge per far votare i fuorisede promosso dal Comitato Voto dove vivo, a prima firma della deputata del Partito Democratico Marianna Madia, era arrivato in Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati, assunto come testo base per il proseguimento dell’iter per la formulazione della legge. Fino a quando il relatore della maggioranza, il leghista Igor Iezzi, «ha presentato un emendamento sostitutivo del nostro testo. Che cestina il nostro testo e lo sostituisce con una delega al governo per la disciplina della materia. Il punto però è che si tratta di una delega in bianco», sottolinea Alessandro De Nicola, fuorisede marchigiano che vive a Roma, tra i fondatori del "Comitato voto dove vivo”.
«La delega avrebbe avuto senso se corredata con dei principi, criteri direttivi, che servono per ispirare l’azione dell’esecutivo. Invece non ci sono. Per questo abbiamo deciso di presentare dei nuovi sub-emedamenti che, però, sono stati bocciati. Chiedevamo che venisse garantito il sistema del voto anticipato presidiato ad esempio. Ci battiamo da anni per garantire il diritto di voto anche ai fuorisede. Non vorremmo che tutto il lavoro fino ad oggi svolto andasse perso».
Il 22 maggio scorso la delega al Governo per disciplinare il voto fuorisede è arrivata in aula. Il giorno dopo sarebbe dovuta iniziare la discussione, e poi il voto: «Ma non è successo perché i tecnici della Camera hanno sottolineato l’incostituzionalità di una delega priva di principi e criteri direttivi. Manca anche una clausola finanziaria all’interno della proposta, questo significa che i decreti non verranno in esistenza finché non ci sarà la copertura finanziaria», spiega De Nicola.
Tra gli obiettivi del Comitato Voto dove vivo e dei firmatari della proposta di legge c’era anche quello di rendere effettiva la possibilità per i fuorisede di votare a distanza già per le elezioni europee del 2024: «Ma questo non potrà succedere. Tra i sub-emendamenti approvati c’è quello che dà 18 mesi di tempo per l’emanazione dei decreti legislativi. E dal momento in cui il provvedimento entrerà effettivamente in vigore». In più, come chiarisce De Nicola, nel primo comma della delega non è indicato per quale tipo di consultazioni elettorali è prevista la possibilità di voto per i fuorisede. Nel secondo comma si dice che il Governo sarà delegato anche a mettere mano alle tariffe per il rimborso delle spese di viaggio di chi rientrata nel luogo di residenza per votare: «Che senso ha se l’obiettivo della misura sarebbe quello di permettere di votare a distanza?»
Così la maggioranza ha affidato all’esecutivo il compito di decidere riguardo al voto per i fuorisede. Ma per adesso lo scopo sembra più quello di prendere tempo e svuotare di significato una proposta che faciliterebbe l’accesso al voto a 5 milioni di persone. Invece di garantirlo.