Il conduttore al festival di Dogliani annuncia un suo possibile abbandono. «Non bisogna stare per forza in televisione». D’altronde convivere con il piccolo circo dei suoi programmi può essere impegnativo. Persino per lui, che è il più bravo di tutti

Ci sono quelli che lavorano e poi ci sono quelli che lavorano in televisione, si dice spesso. Senza pensare che anche il conduttore in alcuni casi in particolare possa essere un mestiere decisamente usurante.

E ne deve sapere qualcosa Paolo Bonolis, che dopo quarant’anni di carriera si è lasciato andare dal palco del Festival della Tv di Dogliani a un morbido sfogo: «Non ho bisogno di stare per forza in televisione, si sta bene anche altrove», lasciando intendere un suo prossimo abbandono del piccolo schermo. E poi: «Penso ancora di lavorare per poco tempo, poi vorrei dedicarmi alla mia vita». E non si fa una gran fatica a comprendere che un quotidiano passato da tempo immemore immerso nel trash dilagante, dentro studi riempiti con la pala di personaggi ai limiti del buon gusto, lo iettatore, la bomber, l’alieno, la vecchia, l’uomo fitness e tutti gli altri mostri con cui convive nel piccolo circo dei suoi programmi, alla lunga possa essere a dir poco impegnativo.

Perché lui, il conduttore Mediaset che ha sulla carta tutto quanto si potrebbe desiderare, simpatia, prontezza di spirito, battuta fulminante, energia positiva, parlantina fluida, sorriso ironico e via dicendo, ha deciso per qualche strano motivo di dedicare anima, corpo e microfoni a questo tipo di televisione, quasi fosse una sfida alle sue stesse doti.

Bonolis, che è stato capace di cominciare una carriera parlando con un pelouche, l’uomo in grado di riempire i vuoti, occupare lo studio, ricordare a memoria e ripetere a macchinetta senza sbagliare neppure una virgola, si è speso tra pisellini e uccelli volanti, pance e doppi sensi, giochi di petto e varia anatomia in un siparietto infinito.

Oggi Paolo Bonolis lo invitano tutti. Ogni programma richiede una sua incursione, ma più è tirato per la giacca più si incista in quella parte da folletto che rimesta nel basso. Neppure le sirene della domenica sera sembrano averlo incantato.

«Io al posto di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”? Non lo ritengo fattibile. Non perché temo ingerenze ma perché sto bene dove sto e mi diverto ancora a fare quello che faccio». Ma con la prospettiva di poter prendere aria, per poter dire: avanti un altro.

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