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Opinioni
settembre, 2023

Il pugno di ferro che piace tanto alla destra serve solo a raccattare consensi

Giorgia Meloni e Matteo Salvini
Giorgia Meloni e Matteo Salvini

Il nostro governo, come tutti quelli conservatori, agisce secondo logiche securitarie. Ma non lo fa per seguire l’ideologia, bensì per accattivarsi l'opinione pubblica. Finendo per prendersela soprattutto con i più giovani e i più deboli

«Dicono che non danno noia a nessuno e che stanno lì, sulla scalinata di Piazza di Spagna, perché è bello e gli piace. Non è una buona ragione. Essi sono brutti e non piacciono a noi». Le cose preziose sono quelle che vengono riportate indietro dalla memoria e ci ricordano come siamo arrivati fin qui: la citazione viene, infatti, da un famoso articolo del Corriere della Sera del 1965, dove l’oggetto dello sdegno erano i «capelloni». Nei fatti, «essi sono brutti» si dice ancora oggi: per esempio, in quello che viene chiamato il decreto Caivano, ovvero carcere più facile per i minorenni, possibilità di vietare l’uso del cellulare con «avviso orale», in caso di alcuni reati, carcere fino a due anni per i genitori se i figli non rispettano l’obbligo scolastico, con revoca dell’assegno di inclusione.

 

Dunque, invece di provare a capire cosa non funziona nel tessuto sociale, si esercita il pugno di ferro per sbriciolarlo meglio. Non stupisce: in un anno il governo Meloni si è dedicato a introdurre reati e inasprire pene, dal decreto Cutro, che limita fortemente ai migranti la possibilità di accedere al nostro Paese, a quello che riguarda i «raduni musicali pericolosi» (per la salute e l’incolumità pubblica), ovvero i free party. In quest’ultimo caso, le pene sono le più alte d’Europa: da tre a sei anni, multe da 1.000 a 10.000 euro, possibilità di chiedere carcerazione preventiva e di effettuare intercettazioni.

 

È normale, si dirà: le destre sono destre, agiscono secondo logiche securitarie e credono che pene più dure porteranno alla riduzione del danno. Quindi, basta contrastarle. Sarebbe vero e bello, se non ci fosse il fattore Greg Stillson. Stillson, ex venditore di Bibbie porta a porta, inizia la scalata verso la Casa Bianca conquistando le folle con pochi punti di programma: mettere al bando chi «fornica», mandare la spazzatura nello spazio, usare le «maniere forti» con «quegli arabi». E soprattutto salsicciotti caldi «per ogni uomo, donna e bambino d’America! E quando avrete eletto Greg Stillson alla Camera, direte: Salsicciotto caldo! Finalmente c’è qualcuno che ci pensa!». Stillson è il protagonista de “La zona morta”, che Stephen King scrive nel 1979, quando Donald Trump è ancora lontanissimo dal Campidoglio.

 

Ma che il bersaglio sia Trump o qualunque altro esponente della destra cambia poco. In altre parole, non c’è nulla di ideologico, non c’è fede e non c’è patria in queste misure: non si agisce con la convinzione, sia pur perversa, che mandando in carcere i ragazzini, i migranti e i raver il mondo sarà migliore. Sono misure-salsicciotto, concepite per incontrare il favore di quegli elettori (tanti) che comprano i libri dei generali e sui social agitano il cappio e non chiedono giustizia, ma vendetta. In una società sempre più giudicante e desiderosa di punizioni esemplari subito e non del lungo lavoro di ricostruzione culturale necessario, si cerca il consenso. E consenso si ottiene. In altre parole, sono decisioni prese più dal basso che dall’alto e sarebbe il caso di ragionarci bene.

 

A margine: sono sempre i giovani a incappare nella stretta. Essi sono brutti, come scriveva il Corriere della Sera. Tre anni dopo, per fortuna, Elsa Morante avrebbe scritto «la vostra guerra non è la nostra». Era in “Il mondo salvato dai ragazzini”.

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