Mafia
Rosario Livatino, il killer del giudice di fronte alla reliquia della sua vittima
Accade nel carcere di Pavia: Paolo Amico, condannato per essere stato tra gli esecutori materiali dell'omicidio deciso dalla Stidda agrigentina nel 1990, partecipa alla cerimonia in ricordo del magistrato. Che dal 2021 è stato proclamato beato
Il killer medita davanti alla camicia sporca di sangue e ingrigita che la sua vittima indossava nel momento in cui incontrò il suo sguardo in un’estrema, vana, invocazione di pietà. Lui, il killer, si chiama Paolo Amico ed è stato condannato all’ergastolo tra gli esecutori materiali dell’omicidio. La vittima, invece, era Rosario Livatino: il «giudice ragazzino», come l’hanno soprannominato per essere entrato in magistratura presto e per essere rimasto fermo ai 38 anni ancora da compiere. Era la mattina del 21 settembre 1990, quando il commando della Stidda siciliana di cui faceva parte Amico lo intercettò a bordo della sua automobile sulla strada statale Agrigento-Caltanissetta. E la camicia che s’era infilato quel giorno per andare al lavoro è diventata oggi una reliquia, esposta in alcune occasioni anche all’interno di istituti penitenziari: così, nella casa circondariale Torre del Gallo di Pavia, il 30 settembre questi due contrapposti destini s’incrociano di nuovo.
Livatino è stato proclamato beato dalla Chiesa il 9 maggio del 2021, in virtù sia della sua fede sia dell’abnegazione con cui si occupò, da sostituto procuratore prima e da giudice a latere poi, di indagini e processi a carico della criminalità organizzata agrigentina. La sua reliquia arriva a Pavia per una serie di iniziative dedicate alla sua figura e organizzate dal Centro di solidarietà “Giò Bonomi”, dall’Unione dei giuristi cattolici e da varie istituzioni cittadine. Sono stati i promotori a chiedere che venisse esposta anche in carcere, perché la forza di un simbolo talvolta riesce a smuovere le coscienze nel profondo. Una richiesta accolta con convinzione da Stefania Mussio, direttrice della struttura dal marzo scorso; lei stessa, nel 2017, all’epoca in cui guidava il carcere di Sondrio, fu insignita di un riconoscimento speciale per l’impegno sociale dalla giuria della XXIII edizione del premio internazionale intitolato a Livatino.
Un momento denso di significato, a cui si aggiunge la presenza di Amico. «L’ho conosciuto a Voghera, dov’era recluso in regime di alta sicurezza e dove io sono stata per un lungo periodo direttrice», ricorda Mussio: «Lì è cominciato il suo percorso trattamentale, incentrato sul lavoro come strumento principale di recupero e di rieducazione, che gli ha permesso in seguito di essere trasferito nel circuito della media sicurezza a Milano Opera. Ora, spero che la possibilità di venire a Pavia con un permesso e di raccogliersi di fronte alla reliquia rappresenti un passo ulteriore verso la revisione critica dei fatti di cui si è reso responsabile». Il killer e la vittima, entrambi possono trasmettere un messaggio alle circa 670 persone ristrette a Torre del Gallo.