La zona è inserita tra quelle in cui potrebbe essere costruito il sito per stoccare i rifiuti radioattivi. «Per una manciata di posti lavoro vogliono trasformarci nell'Area 51 siciliana»

«Pensare di trasformare la provincia di Trapani in una discarica di rifiuti nucleari è una follia». Il grido, in Sicilia, è quasi unanime. Le due aree idonee per lo stoccaggio delle scorie nucleari, individuate dal governo, ricadono nelle campagne trapanesi, nel borghetto di appena mille abitanti di Fulgatore-Dattilo e nel territorio di Calatafimi Segesta, tra i vigneti della Valle del Belice e le Terme Segestane, a meno di quattro chilometri dal Tempio di Segesta e a meno di due chilometri dal centro abitato di Calatafimi Segesta. «Sui siti trapanesi – spiega Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia – individuati come “idonei”, permangono criticità. Ci aspettiamo comunque che questa levata di scudi sul deposito persista anche di fronte alla paventata idea di riprendere la realizzazione di centrali nucleari in Italia».

 

Malumori fondati perché il luogo scelto è lo stesso per il quale lo stesso cervello ministeriale, tramite il proprio braccio operativo, l’Ispra non ha mai redatto la carta geologica. Come, del resto, non è ancora stata fatto per lo Stretto di Messina. Ma senza conoscere la natura dei terreni, come si può pensare che si possano stoccare i rifiuti nucleari? E in un territorio, la Valle del Belice, nella quale il terremoto del 1968 lasciò morti e sfollati che ricostruirono brandelli di normalità tra le lamiere, indigenza e malapolitica. Nel 2006, però, lo Stato, nel silenzio di tutte le altre istituzioni, declassificò la pericolosità sismica del Belice: «La classificazione manteneva livelli di alta pericolosità sismica nei comuni della Valle del Belice – afferma Leonardo Santoro, ex dirigente del servizio sismico della Regione – Con le successive mappe però i territori del Belice hanno visto ridotto il livello di rischio sismico a zone con media o addirittura bassa pericolosità sismica. Il tutto, in assenza di studi di microzonazione sismica». Gli unici che servono per comprendere se i terreni dei sottosuoli amplificano le onde sismiche e in vicinanza di corsi d’acqua e corpi idrici sotterranei subiscono addirittura liquefazioni. Come le sabbie mobili.

 

Realtà non peregrina, vista, nel sito prescelto di Calatafimi-Segesta, la presenza di numerose acque termali. Che ricordano che da qualche parte i suoli sono fratturati e il calore risale dalle viscere della terra. Altro motivo che dovrebbe fa riflettere sull’opportunità di custodire allegramente scorie nucleari nella terra baciata dal sole e dai grattacapi. Panacea per qualcuno, però. «A fronte di una manciata di posti di lavoro creati dai cantieri e di un grosso affare per chi costruirà il deposito – sottolinea il presidente di Federconsumatori Sicilia Alfio La Rosa – si creerebbe una sorta di Area 51 al centro di una delle zone economicamente più depresse d’Europa. Dopo anni di polemiche, in gran parte strumentali, contro le pale eoliche nel Trapanese, il governo, adesso, vuole creare dal nulla una collina imbottita di materiale radioattivo?».