Il Consiglio costituzionale ha censurato il 40 per cento degli articoli della contestata norma. La leader del Rassemblement national perde un'occasione, ma si svelano tutte le debolezze del macronismo

Dopo settimane di proteste e di piazze che in Francia hanno manifestato con forza il proprio dissenso contro la legge sull'immigrazione voluta dal governo - e che sono continuate anche in serata a Rennes - ieri il Consiglio costituzionale ha censurato il 40% degli articoli del disegno di legge. Il testo aveva preso da tempo il nome del ministro dell'Interno Gérald Darmanin, la cui testa era stata chiesta dall'opposizione già un mese fa e di cui Macron aveva respinto le dimissioni. I "Sages" hanno esaminato 49 articoli, censurandone 35, sugli 86 della versione finale del testo, dopo il passaggio in Parlamento, ritrattando in particolare le principali aggiunte che la maggioranza presidenziale aveva concesso alla destra.

 

Salta così la misura molto controversa che estende il periodo di residenza richiesto prima che le persone non europee residenti in Francia possano ricevere alcune prestazioni sociali (APL, assegni familiari, ecc.). Lo stesso vale per l'inasprimento dei criteri per il ricongiungimento familiare (con un aumento del periodo di residenza da 18 a 24 mesi), l'introduzione di una "garanzia di ritorno" per gli studenti stranieri e la fine del diritto automatico di cittadinanza per i figli di stranieri nati in Francia. L'introduzione di quote migratorie annuali determinate dal Parlamento dopo un dibattito obbligatorio è stata invece giudicata incostituzionale nel merito. E non sorprende che l'articolo sulla regolarizzazione dei lavoratori privi di documenti nelle professioni a corto di personale, che aveva cristallizzato i dibattiti autunnali, rimanga invece nel testo.

 

Se da una parte può sembrare una sconfitta per il Rassemblement national guidato da Marine Le Pen, dall'altra non tutti sono d'accordo sul fatto che l'area macroniana e il binomio Macron-Darmanin ne escano bene come cercano di far passare: il trionfo di Macron nel 2017 aveva rappresentato il momento più glorioso di un pensiero condiviso dalla maggioranza secondo cui il populismo di destra e gli estremismi dovessero essere combattuti con il diktat del superamento della dicotomia destra-sinistra. Ma gli ultimi sviluppi politici e lo sfondamento ideologico dell’estrema destra francese, dimostrano che questa ipotesi è definitivamente tramontata. In qualche modo anche la storia di questa legge lo conferma, e anche se Macron è salvo di nuovo, è evidente come la forza della sua linea politica si sia indebolita.

 

Su X (ex Twitter) il ministro Darmanin ha scritto: «Nelle prossime ore prenderò più istruzioni, a partire dalle nuove disposizioni che consentono la legge, in particolare contro gli stranieri delinquenti e contro le filiere di immigrazione irregolare». Libération ha titolato sobriamente con le facce di lui e Macron in copertina: "Legge sull'immigrazione, il loro fiasco". E ancora: "Grande censura, piccolo sollievo". Anche se non manca lo zoccolo duro di macronisti della prima ora che esultano convinti perché la legge è stata approvata. 

 

Per comprendere meglio il peso specifico di questo disegno di legge, bisogna fare un passo indietro: insieme alla riforma sulle pensioni è stata tra le prime volontà politiche espresse dal Presidente Emmanuel Macron al debutto del suo secondo quinquennio al potere nel 2022, e anche se si tratta di una misura molto divisiva per la Francia, con delle implicazioni estremamente serie per una fetta di popolazione che va dai "sans papiers" (le persone senza documenti e permesso di soggiorno) ai figli delle seconde e terze generazioni della popolazione francese, era stata espressa la sua necessità dal leader di En Marche anche durante la campagna elettorale. La Garante dei diritti umani la ritiene da sempre una legge inefficace che sfrutta il diritto di residenza e "calpesta la dignità e l'uguaglianza". Anche associazioni come Amnesty International, Cimade, GISTI, Medici senza frontiere, Médecins du Monde e Secours catholique si sono sempre opposte. E il suo decorso ha avuto tutt'altro che vita facile, ben prima degli accadimenti degli ultimi due giorni.

 

C'è da dire che non si tratta affatto di una novità: dal 1945 la Francia ha approvato una legge sull'immigrazione in media ogni due anni, senza contare le ordinanze, le circolari e i decreti. La legge sulle persone straniere in Francia è stata riformata 18 volte tra il 1996 e il 2021, 29 volte dal 1980 e 117 volte dal 19453, con gli stessi obiettivi: controllo dei flussi, integrazione e accelerazione delle procedure burocratiche, ma senza riuscire a contenere l'ascesa dell'estrema destra. La riforma a livello europeo, più che nazionale, spinta da Emmanuel Macron durante la presidenza francese dell'Unione europea nel 2022, si è concretizzata alla fine del 2023 in un patto sulla migrazione e l'asilo, che è stata oggetto del voto di ieri. 

 

L'esame del contestato disegno di legge è stato a dir poco caotico: è stato rinviato una prima volta nell'agosto 2022, dopo che il governo aveva perso la maggioranza assoluta in Parlamento, e poi aggiornato nel marzo 2023, all'indomani del voto sulla legge sulle pensioni, per mancanza della maggioranza necessaria ad approvare un simile testo. Il testo è stato poi oggetto di trattative tra il governo e i Républicains, che hanno cercato di inasprirlo, e della destra riunita nel Rassemblement National, mentre il NUPES faticava a prendere posizione. Il progetto di legge è stato rilanciato a seguito dell'attentato di Arras dell'ottobre 2023, nel tentativo di aumentarne i tratti securitari. È stato quindi reso più stringente dai senatori, ma il suo esame è stato poi interrotto all'Assemblea Nazionale dall'adozione di una mozione di rigetto preventivo. La commissione mista subentrata ha convalidato la maggior parte del testo reso più rigido dal Senato, che era essenzialmente repressivo. La destra e l'estrema destra hanno vinto e la maggioranza si è frammentata dopo l'adozione del testo il 19 dicembre 2023. Il campo presidenziale ha difeso il testo sperando in una censura parziale da parte del Consiglio costituzionale, e così arriviamo ad oggi. E il punto è proprio tutto qui: l’area Macron, che ha solo una maggioranza relativa, non riesce più a far funzionare in parlamento la politica dell’en même temps: superare la divisione destra-sinistra in nome dell’efficacia.