Un bambino adottato da un branco di cani guida la rivolta contro un dittatore baffuto e distrugge un campo di sterminio. La Shoah incontra il "Libro della giungla" per costruire un racconto adatto ai più piccoli. Che involontariamente richiama il massacro del 7 ottobre e i bombardamenti di Gaza. Dalla newsletter de L'Espresso sulla galassia culturale araboislamica

Arf è allegro e instancabile, ingenuo e incontenibile. Con i grandi occhi scuri e le lunghe ciocche selvagge ricorda il Mowgli del “Libro della giungla”: e in effetti anche lui è cresciuto tra gli animali. È piccolo ma è già sopravvissuto a una tragedia: il giorno in cui dei militari spietati hanno aggredito e rapito la sua famiglia è sfuggito per sbaglio. È stato salvato da Bella, il cane di casa, che lo ha allevato come un figlio in un branco libero e selvaggio. Ma un brutto giorno i cattivi disperdono il branco e rapiscono il bambino: lo rinchiudono in una grande prigione fatta di baracche, dove suoi coetanei con le teste rasate dormono in squallidi letti a castello di legno…

 

Arf è un bambino inventato per raccontare ai bambini veri una favola ispirata da un orrore indicibile, la Shoah. È il protagonista di un lungometraggio animato che porta il suo nome, scritto da Anna Russo, che lo ha anche diretto insieme a Simona Cornacchia, autrice dei bellissimi disegni. Accolto con calore al Sottodiciotto Torino Film Festival, è in sala in questi giorni, in occasione della Giorno della Memoria che cade sabato 27, anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz.

 

Nel film ci sono molti richiami al “cinema della memoria” che da qualche anno cerca le chiavi adatte per un racconto della Shoah a misura di bambino: da “Il bambino con il pigiama a righe” di Mark Herman dal romanzo di John Boyne a “Jojo Rabbit” di Taika Waititi. L'ingresso e la planimetria del lager, la struttura dei letti a castello nelle baracche, i capelli rasati rimandano però alla storia – evocata anche dalle sagome di svastiche naziste che si materializzano sui muri, nelle linee tra un mattone e l’altro. 

 

La trama inventa uno sviluppo fiabesco incentrato sul “Baffo del dittatore” (è questo il titolo del racconto di Russo che ha ispirato il film) e su Arf; che come il “Ragazzo selvaggio” del film di François Truffaut sa solo ululare e abbaiare, eppure riesce a guidare verso la libertà e la pace prima i cani, i terribili dobermann da guardia, poi i bambini del campo e infine anche gli adulti. Uno sviluppo accompagnato da musiche allegre e trascinanti, un omaggio alla musica klezmer firmato da Tony Canto con la complicità della fisarmonica di Antonio Vasta, della voce di Simone Cristicchi e del barbiere sivigliano di Gioacchino Rossini.

 

Quest’anno il Giorno della Memoria cade nel mezzo di una guerra particolarmente sanguinosa che, di nuovo, semina morte e disperazione in Medio Oriente. Guardando gli occhi sgranati e neri di Arf e i suoi capelli selvaggi viene in mente un film come “Capharnaum” di Nadine Labaki, che incentra sulle sofferenze dell’infanzia un racconto della guerra in Siria. L’aggressione alla famiglia di Arf, la sparizione e la distruzione che la razzia si lascia alle spalle richiamano non solo le retate nazifasciste ma i sanguinosi attacchi del 7 ottobre scorso nei kibbutz israeliani. 

 

E quando i bambini si salvano scappando attraverso una grossa conduttura, diventa irresistibile il richiamo delle immagini dei piccoli sopravvissuti ai bombardamenti che mirano a distruggere la rete di tunnel di Gaza. Del resto, lo ha scritto più di cent’anni fa un poeta impregnato di ebraismo come Umberto Saba, «il dolore è eterno, ha una voce e non varia». E il dolore della Shoah riecheggia in quello di tutti i vinti del mondo di oggi: lo ha detto tempo fa Liliana Segre a proposito dei migranti, scandalizzando chi pensa che l’empatia debba conoscere muri e confini.