Resistenti
Ilaria Salis, l'antifascista che da 10 mesi è in carcere in Ungheria per aver aggredito dei nazisti
È reclusa in condizioni al limite del disumano, con l'accusa di aver aggredito due neonazisti che partecipavano a una parata estremista di nostalgici di Hitler. Ora un comitato ne chiede la liberazione
«Se il mondo crolla, io mi sposto», mi ha detto una ragazza all’obbligato cenone di Capodanno, ricorrenza che, per quanto uno cerchi di smarcarsi, dispensa sempre un elemento di sorpresa. L’affermazione è epifanica e rivelatoria o perlomeno mi obbliga ad uno scontro con la realtà: c’è una maggioranza di persone che si sfila dal contratto sociale o anche semplicemente dal rapporto con l’Altro. C’è una maggioranza di persone che crede che se il mondo crollasse, potrebbe davvero spostarsi; che ha anche l’arroganza di rivendicarlo. C’è gente che vive solo nell’oggi e non ha pietà, e io non posso scordamelo. Per solidificare quest’elemento di realtà passo il primo dell’anno sulla sezione commenti di YouTube: ascolto l’appello di Roberto, il padre di Ilaria Salis. Ilaria è una maestra e militante antifascista che non ha delegato l’impegno civico che impone di opporsi alle commemorazioni neonaziste. Dallo scorso febbraio, Salis è detenuta in Ungheria in un carcere di massima sicurezza con l’accusa di aver aggredito due militanti neonazisti in occasione del cosiddetto “Giorno dell’Onore”, un raduno in cui si ricorda la caduta di battaglione nazista, nel ’44, per mano dell’Armata Rossa a Budapest.
Salis rischia sedici anni di carcere a fronte di aver causato delle lesioni guarite in cinque-otto giorni. Per quattro volte i legali hanno presentato domanda per la concessione degli arresti domiciliari in Italia, sempre respinta per «rischio di fuga». L’imputata ha dichiarato la propria innocenza e di aver solo manifestato contro una commemorazione proibita dal governo ungherese stesso e che ogni anno riunisce centinaia di sostenitori di Hitler. Ilaria, in una lettera spedita a ottobre, racconta di essere detenuta in condizione disumane: in occasione delle udienze è stata tenuta al guinzaglio da un poliziotto e trascinata con mani e piedi legati da una catena. Con lo scopo di sessualizzarla ed umiliarla è stata obbligata ad indossare degli stivali con tacchi a spillo di alcune taglie in meno. Le condizioni all’interno del carcere sono una violazione dei diritti umani: per più di un mese dopo l’arresto ha dovuto indossare gli stessi vestiti e la stessa biancheria, non ha mai avuto carta igienica, né assorbenti, né sapone. Ha convissuto con insetti e topi in una stanza di 3 metri. Le è stato negato di assumere i farmaci per l’allergia scatenata dalle cimici presenti nella cella. Per i primi sette mesi non le è stato permesso di vedere o chiamare nessuno.
Da qualche settimana è nato il comitato Liberiamo Ilaria Salis, chiede che l’imputata venga rilasciata dal carcere ungherese e che possa scontare i domiciliari in Italia, come previsto da una direttiva europea. Il 10 gennaio ci sarà una conferenza stampa in Senato per chiederne la liberazione, saranno presenti anche il senatore Lomuti e la senatrice Cucchi che ha già presentato un’interrogazione parlamentare.
La prima udienza per Salis sarà il 29 gennaio. Per Ilaria si prospetta un processo politico che si inserisce all’interno della repressione nei confronti di una «estrema sinistra europea» che si oppone attivamente ai dilaganti e crescenti neofascismi così come alla loro relazione, sempre più esplicita, con le istituzioni. Per quest’anno nuovo ci auguriamo che si moltiplichi l’esempio di chi non delega l’impegno, di chi non smette di praticare l’antifascismo. Sarà necessario essere “anti”, finché ci sarà un sistema di violenza da opporre.