POLITICA crimine e tecnologia
L’algoritmo batte la mafia sul tempo
Prevedere le infiltrazioni di clan e cosche nei Comuni quando ancora non sono evidenti, segnalando quelli a rischio.Così l’Ia si rivela più tempestiva dello scioglimento
Dal 2000 a oggi, il Comune di San Luca, in Calabria, ha avuto solo tre sindaci ed è stato commissariato per nove anni. Poco più di tremila abitanti alle pendici dell’Aspromonte, il paese è noto per essere un centro nevralgico della criminalità, al punto che gli ’ndranghetisti lo definiscono «la mamma». Alle elezioni dell’8 e del 9 giugno 2024 non si è candidato nessuno. In un misto di sospetto e rassegnazione, i cittadini hanno ritenuto inutile presentarsi, tanto il Comune sarebbe stato sciolto comunque.
Dal 1991 al 2024 sono stati sciolti 384 consigli comunali per infiltrazioni mafiose, ma la risposta delle istituzioni è sempre solo di carattere reattivo. Attività come la corruzione e il riciclaggio di denaro lasciano poche tracce. Le procedure, invece, si basano su indicatori osservabili, come crimini violenti o scandali conclamati di malaffare. Questo approccio permette alla criminalità organizzata di stabilire una solida base ben prima che lo Stato possa intervenire. Nel frattempo, le mafie si appropriano delle risorse pubbliche e rafforzano il loro potere politico ed economico.
Per colmare questo vuoto e fornire uno strumento di previsione, tre ricercatori universitari hanno pensato di affidarsi a un alleato insolito: un algoritmo in grado di prevedere le infiltrazioni mafiose prima che diventino evidenti e di segnalare i Comuni ad alto rischio. «Ci intrigava l’idea di utilizzare un metodo poco ordinario, ma con grande potenziale», dice Gian Maria Campedelli, criminologo specializzato in scienze computazionali e research scientist alla Fondazione Bruno Kessler. È autore dello studio assieme a Gianmarco Daniele e Marco Le Moglie, professori associati rispettivamente all’Università degli Studi di Milano e all’Università Cattolica del Sacro Cuore, entrambi economisti specializzati nello studio della criminalità.
«Abbiamo raccolto i dati di oltre il 90 per cento dei Comuni italiani dal 2001 al 2020, per un totale di 152 mila osservazioni», continua Campedelli. Una mole enorme per studiare un fenomeno raro a livello statistico e dunque di difficile individuazione: «È un problema sbilanciato, solo lo 0,86 per cento dei Comuni è stato sciolto. Abbiamo testato centinaia di algoritmi, il modello migliore è stato in grado di prevedere correttamente il 96 per cento delle amministrazioni locali che lo Stato aveva identificato come infiltrate dalla criminalità organizzata». Un oracolo quasi perfetto, che impara dai dati attraverso il machine-learning, una branca dell’intelligenza artificiale che permette a un sistema di apprendere in modo autonomo. Le informazioni che lo hanno nutrito riguardano le voci di spesa dei Comuni, i dati elettorali e le caratteristiche degli amministratori. «Tutti fattori che – dice l’autore – sono ricollegabili al rischio di infiltrazioni mafiose secondo la letteratura scientifica». Una volta riconosciuti i pattern, i percorsi che di solito determinano lo scioglimento di un’amministrazione, l’algoritmo è in grado di fare previsioni accurate anche per un campione di dati su cui non era stato “allenato”.
E non finisce qui: «La nostra ipotesi è che ci siano dei Comuni infiltrati per cui non sono ancora emerse evidenze di attività mafiose». I ricercatori hanno studiato il sottogruppo dei falsi positivi, dimostrando che, per indicatori come omicidi di mafia o attacchi ai politici locali, sono più simili ai Comuni con casi di infiltrazione acclarati che al resto del campione. Questo significa che il fenomeno potrebbe essere ben più ampio di ciò che le statistiche ufficiali registrano. «Adottare uno strumento del genere renderebbe più efficace il monitoraggio, oggi le investigazioni iniziano soltanto dopo la comparsa dei primi reati-spia».
La seconda parte dello studio si concentra sugli elementi che indicano una maggiore probabilità di commissariamento. La quantità di fondi e la flessibilità nella spesa giocano un ruolo cruciale. Nel periodo dal 2007 al 2013, Campania e Puglia hanno beneficiato di un incremento dei finanziamenti Ue destinati agli enti locali e di norme più elastiche nella gestione. Attraverso il confronto con i Comuni delle Regioni confinanti e distanti pochi chilometri, gli autori hanno rilevato un aumento significativo (fino al 14 per cento) nel rischio di infiltrazioni. Un rischio più alto è associato anche a un’amministrazione locale guidata da liste civiche o di estrema destra, viceversa essere governati da una sindaca sembra avere un’influenza opposta. Tra le variabili di spesa pubblica, investimenti ridotti in strutture sportive e scolastiche sono connessi a una maggiore probabilità di ingerenze. «Questo risultato – spiega il criminologo – è in linea con la teoria secondo cui le mafie hanno interesse a mantenere un basso capitale sociale nei territori in cui operano. Meno opportunità per i giovani equivalgono a più potere per loro».
Una critica spesso mossa all’Ia è la tendenza a rafforzare bias e pregiudizi, che in questo caso potrebbero depauperare zone già a basso capitale sociale come i Comuni del Sud. «Al contrario – rassicura Campedelli – il nostro modello contribuisce a superare un preconcetto diffuso. Nonostante solo il 3 per cento dei Comuni sciolti in Italia si riferisca a Regioni del Centro e del Nord, i Comuni fuori dal Mezzogiorno rappresentano il 7 per cento di quelli individuati come a rischio dal nostro modello. Le mafie oggi operano con metodi meno violenti e più strategici, si insinuano silenziosamente». Negli anni hanno imparato a farsi fluide per introdursi nelle stanze del potere, ma un algoritmo che impara più in fretta può bruciarle sul tempo.