Editoriale
La salute mentale cenerentola dell’assistenza
Crescono i bisogni, ma il benessere psichico fa i conti con i tagli alla spesa e con le carenze della sanità
Nell’anno in cui celebriamo il 46mo anniversario della Legge 180, che ha segnato una svolta epocale nella cura del disagio psichico, disponendo la chiusura dei manicomi e promuovendo una salute mentale basata sulla dignità e sul rispetto dei diritti della persona, ci troviamo invece a fare i conti con una realtà assistenziale ancora drammaticamente inadeguata. L’inchiesta con cui apriamo il nostro giornale questa settimana ci conferma che la legge 180 ha alimentato a suo tempo tante speranze, ma la sua piena attuazione è ancora lontana. In Italia le persone che mostrano problemi di salute mentale con disturbi gravi e che sono in carico al Sistema sanitario nazionale sono ogni anno oltre 770 mila. Rappresentano l’1,5% della popolazione. A loro è consentito di affrontare un percorso di riabilitazione, ma molti altri non hanno accesso ad alcuna cura perché i servizi non riescono a far fronte a una domanda in continuo aumento. Anche i dati di spesa sono sconfortanti: l’Italia spende appena 3,6 miliardi di euro l’anno per la salute mentale, posizionandosi agli ultimi posti in Europa tra i Paesi ad alto reddito. Ne servirebbero invece almeno 10. Solo il 3% del budget sanitario è destinato alla salute mentale. Una percentuale irrisoria rispetto al 10% raccomandato dagli esperti per garantire servizi dignitosi e di qualità. Di conseguenza il Sistema sanitario nazionale oggi non è in grado di far fronte a tutte le richieste di chi è colpito dal disagio psichico in una realtà fatta sempre più spesso di precarietà, di nuove e sempre più diffuse forme di povertà, di tensioni sociali e fragilità familiari. Questa disparità investe particolarmente i bambini e gli adolescenti, che rappresentano la fascia più vulnerabile. La cronica carenza di personale – psichiatri, psicologi, infermieri – aggrava ancor di più la situazione. Si prevede che, nei prossimi due anni, verranno assunti meno di 250 nuovi operatori, quando ne servirebbero ben 11.000. Ecco perché diventa sempre più urgente una revisione delle politiche sanitarie che mettano al centro il benessere psichico come diritto fondamentale. È essenziale promuovere la formazione di nuovi specialisti e incentivare il personale già in servizio, garantendo una rete di assistenza continuativa e accessibile a chi ne ha bisogno. Inoltre, servono investimenti per la ricerca e per la raccolta di dati sui bisogni reali dei pazienti: senza una mappatura precisa è impossibile individuare i giusti rimedi. Infine la prevenzione potrebbe giocare un ruolo importante per individuare in tempo i segnali di disagio psichico. Nella scorsa legislatura, da deputato, mi ero fatto promotore di una proposta di legge che istituiva la figura dello psicologo scolastico a tempo pieno in tutte le scuole. Un’iniziativa che aveva raccolto il consenso unanime di tutte le forze politiche e che l’interruzione anticipata della legislatura bloccò nel suo iter parlamentare. Intercettare sul nascere e gestire, assieme a docenti e famiglie, situazioni di disagio nei giovani sarebbe sicuramente un modo per prevenire lo sviluppo di patologie psichiatriche più gravi in età adulta.