Il documentario che ricostruisce la registrazione della canzone rende omaggio al grande musicista e attivista nero. Fu lui a dare l'esempio a Jackson, Springsteen e agli altri divi che cantarono per l'Africa

Il bello è che, rimanga tra di noi, il pezzo non era neanche questo granché, formalmente perfetto, per carità, quasi da manuale, perfino dolciastro se proprio si sentisse il bisogno di un pizzico di cattiveria, ma quello che successe intorno alla canzone è qualcosa di inarrivabile, senza precedenti, e senza paragonabili casi successivi, come ben racconta il documentario “We are the world. La notte che ha cambiato il pop”, rintracciabile su Netflix, sottotitolo non bellissimo in italiano ma una volta tanto veritiero. È la storia del progetto che fu la risposta americana all’iniziativa che era partita in Inghilterra da Bob Geldof in favore della fame in Africa e che nell’estate del 1985 portò al megaevento di Live Aid. 

 

Negli Stati Uniti a rispondere per primo fu Harry Belafonte, il più sensibile, personaggio unico, un’icona dell’impegno sociale, oltre che della musica, e da lui partì la catena magica che portò al coinvolgimento del meglio della musica americana del 1985, a partire da Lionel Richie e Michael Jackson, che scrissero la canzone “We are the world”, fino a Springsteen, Bob Dylan, Diana Ross, Tina Turner, e tantissimi altri, un ensemble mai visto prima e a dirla tutta allora inconcepibile, eppure successe e queste immagini, imperdibili, ricostruiscono tutta la storia, con momenti inediti e indimenticabili dell’incontro tra questi giganti, governati e guidati amorevolmente da Quincy Jones che, come ricorda Lionel Richie, «era rispettato da ogni musicista al mondo», l’unico forse che poteva pretendere di dirigere come un autorevole maestro quel gruppo di super-ego messi per la prima volta nella stessa stanza a fare una cosa insieme. 

 

Il documentario è una bomba, una lezione, un puro godimento che ci racconta le altezze possibili della musica e anche quello che nel documentario dice Belafonte parlando a una manifestazione: «Crediamo che gli artisti abbiano una funzione preziosa in ogni società, perché sono gli artisti a rivelare la società a se stessa».