Cleopatra, Alida Valli, “Bellissima”. Saverio Costanzo fa rivivere la Hollywood sul Tevere degli anni ‘50. Tra omaggi, divi di oggi ed esordienti

Finalmente l'alba torna all'Italia della dolce vita per parlare del presente

La Hollywood sul Tevere anni '50 servita al pubblico globalizzato dei nostri giorni. Dive capricciose, quasi divi insicuri, galleristi gentili ma senza scrupoli (Willem Dafoe), popolane pronte a portare la figlia al mercato delle facce come in “Bellissima” di Visconti. Ma anche notti senza fine, le vaste platee dell'Italia pre-tv, l'ombra inquietante del caso Montesi (1953, primo delitto mediatico nella storia d'Italia). E sopra, anzi dentro tutto questo, gli occhi sgranati della giovane popolana Mimosa (l'esordiente Rebecca Antonaci, una sorpresa). Che in 36 ore passa dall'innocenza al disincanto, dall'infanzia all'età adulta, senza perdere grazia né dignità.

 

Bella intuizione, grandi ambizioni: il nuovo film di Saverio Costanzo parte da un immaginario mélo hollywoodiano in salsa neorealista. Decolla con una pseudo “Cleopatra” che mette a fuoco l'avidità neocoloniale americana (ieri liberatori, oggi produttori). Culmina nel lungo festino in cui l'interprete dell'efferata faraona (Lily James) trascina l'ingenua Mimosa, facendone insieme il capriccio di una sera e la sua nuova protégée. Ma soprattutto fonde a meraviglia il percorso spirituale della protagonista e la libera quanto metaforica rievocazione storica (Alba Rohrwacher, per dire, fa Alida Valli e va benissimo così).

 

Nulla infatti è autentico ma tutto è verosimile in questo “Finalmente l'alba” che potrebbe anche chiamarsi “Mimosa davanti alla fabbrica” (fabbrica dei sogni, leggi Cinecittà). Sfilano facce stupende e prepasoliniane che il nostro imborghesitissimo cinema solitamente rimuove. Risorgono personaggi dimenticati, la sorella povera-ma-bella, il fidanzato scelto da mammà, il vero capo delle comparse in guerra con quello abusivo, l'artista ansioso di vendere i propri quadri o almeno la compagna. Mentre il set del peplum egiziano rievoca, anzi reinventa la potenza incantatoria del cinema d'antan. Magari la festa, elegante come le cene del Cavaliere, esigeva ulteriore impeto visionario. La chiave comunque è nel nome della diva, Josephine Esperanto, la lingua universale. Ieri il cinema, certo. E oggi?

 

FINALMENTE L’ALBA
di Saverio Costanzo
Italia, 119'

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