Citato come signore educato, amato per aver omaggiato la salma di Berlinguer, elogiato per aver guidato i nostalgici verso la democrazia. Ma ci si dimentica spesso che è stato un repubblichino e firmatario del manifesto sulla razza senza mai pentirsi (anzi, querelava chi lo ricordava). Dalla rubrica delle lettere a L'Espresso

Cara Rossini,

 

viviamo in tempi molto confusi. La nostra premier ha dimenticato l’insegnamento del suo maestro Giorgio Almirante, persona degnissima e fine politico, in confronto al quale i mestieranti attuali non sarebbero degni nemmeno di sciogliergli i lacci dei calzari. Almirante all’epoca si batté e con ragione contro l’istituzione delle Regioni avendo già compreso quello che sarebbero diventate: luoghi di spartizione di potere di ogni bandiera. Oggi invece Giorgia Meloni dilania il Paese in un guazzabuglio incredibile in nome della regionalizzazione di tutto, dove in realtà a dare le carte, come dice spesso lei, saranno le solite Lombardia e Veneto e il resto può andare a ramengo, come si dice lassù al Nord. E tutto questo per avere il sì convinto senza se e senza ma della Lega al suo perverso disegno di premierato che trasformerà l’Italia in una quasi democrazia con tutto quello che ne consegue, per capirci modello Orbán nella migliore delle ipotesi.

 

Purtroppo la libidine del potere fa questo e altro. Siamo solo all’inizio. Se dopo solo poco più di anno di governo di centrodestra non ci sono più nodi vitali del Paese che non siano in mano loro, che accadrà fra tre o quattro anni? Purtroppo i cittadini, impotenti come non mai, non possono fare altro che stare alla finestra a guardare perché l’attuale Potere, quello con la P maiuscola, non conosce freni né ostacoli e distruggerà tutto quello che gli si oppone, compresa, appunto, la democrazia.

 

Marco Masolin

 

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La risposta di Stefania Rossini
Credo, signor Masolin, che viviamo in tempi certamente oscuri, ma non confusi. Meloni è fin troppo esplicita nei suoi intenti, accettando compromessi e non nascondendo simpatie oscurantiste come quella per Orbán. Ma non credo che le manchi il modello di Giorgio Almirante. Il passare del tempo cambia colore alle cose e le gesta degli uomini scoloriscono e si confondono.

 

Almirante è oggi ricordato come un signore educato che andò a omaggiare la salma di Berlinguer e che lavorò per educare i nostalgici del Ventennio alla dialettica parlamentare. Ma Almirante era anche stato un esponente di spicco della Repubblica sociale e autore di un ultimatum che invitava i giovani italiani a consegnarsi ai fascisti e ai tedeschi, pena la fucilazione. Qualche anno prima, nel 1938, aveva firmato il famigerato “Manifesto della Razza”.

 

Ovviamente non si negano a nessuno ripensamenti e redenzioni, ma non risulta che Almirante abbia mai criticato il suo passato se non querelando chi lo ricordava. Quindi Meloni è pienamente nella tradizione.

 

Per scrivere a L'Espresso: stefania.rossini@lespresso.it