Analisi spericolate, tramine e banalità diffuse: per la prima volta su Rai Uno la Vita in diretta nella notte delle stelle. E forse c'è da sperare sia l'ultima

C’era una volta la notte degli Oscar. O come direbbero le favole armene, c’era o forse non c’era. Perché la diretta per la prima volta nelle mani di Rai 1, condotta da Alberto Matano in studio si è dovuta accontentare delle briciole, praticamente polvere di stelle. 

 

Si comincia alle 23.40 col red carpet, raccontato dall’entusiasmo di Paolo Sommaruga che alla vigilia avrebbe dovuto intervistare le star durante la sfilata. In realtà il povero inviato dal sorriso felice ha portato a casa solo due parole con la sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni che elogiava “Io capitano” come orgoglio italico, sorvolando sulle simpatiche parole che generalmente il suo partito devolve in favore dell’immigrazione. Dopodiché più o meno il nulla, al di là del tempo passato urlando a gran voce i nomi delle attrici e degli attori senza speranza alcuna di ricevere risposte (“Scorsese! Martin Sorsese” e “Cillian Murphy! Hey Cillian!” rimarranno a lungo un momento altissimo nella storia dei meme), dimenticando forse per un attimo che no, Los Angeles non è esattamente Sanremo. Ma almeno Paolo Sommaruga aveva dalla sua l’essere informato sui fatti. Invece il rientro in studio ha messo in campo il resto, che a dire il vero è stato assai pochino.

 

Alberto Matano per calarsi nella parte indossa lo smoking e quando deve dire qualcosa di pregnante guarda in camera, fisso, come il suo papillon. Così si scopre che i documentari sono importanti perché raccontano cose che sono successe davvero, che nella notte degli Oscar c’è un'alta concentrazione di star del cinema e una sfilata incredibile di look, ma soprattutto che si ricordano anche gli attori e i musicisti che se ne sono andati nel 2023 perché sono stati personaggi molto amati e con questi ricordi sembra che siano sempre tra di noi. Poi parte il dibattito in studio in una versione glamour della Vita in diretta più o meno con lo stesso spessore. Gabriele Muccino, Ambra Angiolini, Paola Iacobbi, Claudio Santamaria e Claudia Gerini si parlano tutti rigorosamente sopra, neanche fosse una citazione del processo di Biscardi. 

 

Ci sarebbero persino Antonio Monda ma sparisce presto, e Stefania Sandrelli, che abbandona il campo alla chetichella dopo aver risposto alla più pregnante delle domande: «”Ogni anno accade qualcosa, è vero Stefania?” “No”». Così si procede, tra una pubblicità e l’altra, in una cerimonia tutta tradotta perché evidentemente il pubblico dei cinefili italiani non è considerato all’altezza di una lingua originale. E tra il tifo per Garrone e lo spoiler continuo delle trame dettagliate dei film, Alberto Matano si lancia in spericolate analisi, neanche fosse a Ballando con le stelle. Su cui si staglia la “evidente” difficoltà di Emma Stone di mostrare il seno nudo sul set e a questo punto neppure le attrici presenti riescono a trattenersi dal guardarlo come una povera creatura.

 

 

 

 

Così a tarda notte, viene da interrogarsi sull’accanimento di mamma Rai nei confronti del cinema. Prima Carlo Conti ai David, poi Alberto Matano agli Academy. E sottolineare sino in fondo quanto Viale Mazzini ci tenga al mondo della celluloide, resterà imperituro il lancio di Televideo. Che descrive il film di Garrone “ispirato alla vita del capitano Schettino e al disastro della Costa Concordia”. Praticamente un sequel della notte degli Oscar.