Jessica Chastain si occupa di malati di Alzheimer e fugge dal suo passato. Una pellicola commovente ed essenziale

Sylvia non pulisce le toilettes di New York, ma ha una vita non meno scandita e avara di piaceri di quella del protagonista di “Perfect Days”. Come lui infatti fa un lavoro umile ma importante per la collettività, è assistente sociale in un istituto per disabili. Come lui ha giornate tutte uguali, il lavoro, la figlia adolescente, le riunioni degli Alcolisti Anonimi, cui partecipa da ormai 13 anni. E qualche conto in sospeso col passato: conti pesanti nel suo caso.

 

A differenza del soave Hirayama, però, Sylvia (una luminosa e struccatissima Jessica Chastain) non si fa illusioni di felicità. Così come il regista, il messicano Michel Franco, non ci offre nessuna delle gratificazioni estetiche profuse da Wenders. L’unico punto in comune ai due film è la struggente colonna sonora. Grandi canzoni anni ’60-70 per Wenders, “A Whiter Shade of Pale” dei Procol Harum per Franco. Per il resto i due film, così vicini nel mettere a fuoco lentamente sentimenti impalpabili, seguono strade diverse.

 

Nulla infatti, nello scabro, calibratissimo “Memory”, è fatto per accarezzare il nostro sguardo. Le inquadrature sono fisse, gli ambienti spogli, i dialoghi centellinano informazioni e emozioni. Ma ogni scena ci porta più vicino alle ombre invisibili dei due protagonisti. Sylvia e Saul (Peter Sarsgaard), uno sconosciuto poco più grande di lei che una sera, durante una festa, le si siede accanto fissandola; poi, quando lei va via infastidita, la segue in metropolitana fin sotto casa, a Brooklyn. Dormendo addirittura sotto le sue finestre, contro un muro di copertoni - è una strada povera, accanto a casa di Sylvia c’è un gommista - unica concessione vagamente poetica di un film sempre ostinatamente prosaico, Eppure capace di commuoverci nel profondo.

 

Sappiamo subito infatti che tra Sylvia e Saul accadrà qualcosa. Non sappiamo ancora che Saul ha una forma di demenza e problemi con la memoria. Anche Sylvia del resto ha rapporti difficili col passato, ma nulla lascia presagire la semplicità, la grazia, l’abbandono con cui questi due esseri solitari si apriranno a un sentimento tanto imprevisto (Sylvia crede addirittura di riconoscere in Saul uno dei persecutori della sua infanzia) quanto potente, anzi irresistibile: anche per lo spettatore.

 

Attenti a quella madre, custode di segreti e bugie. È la Jessica Harper del “Fantasma del palcoscenico”. Anche se quei segreti, come tutto il sottotesto sociale, suonano quasi superflui in un film memorabile proprio perché tutto in sottrazione.

 

MEMORY
di Michel Franco,
Usa, 100’

 

***

 

AZIONE!
Doveva succedere. Qualcuno prima o poi doveva affiancare due geni della parola come Sacha Guitry ed Eric Rohmer. Ci ha pensato il Bergamo Film Meeting (9-17 marzo), che dedica due personali all’istrionico attore-autore anni 30 di “Memorie di un baro” (Adelphi) e al frutto più schivo della nouvelle vague. Piacere puro.

 

E STOP
La serie tv da “Harry Potter” è ancora in cantiere, ma è già partita la campagna d’odio contro la sua autrice J.K. Rowling, che dopo essere stata lapidata per transfobia viene ora accusata di isteria, attaccamento «eccessivo» (?) al personaggio, moralismo (niente giochi da Harry Potter sui cellulari). Tieni duro, J.K.

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