Le gaudenti note
L'industria musicale sta facendo a pezzi i giovani artisti
Prima Sangiovanni, poi Mr Rain, ora Ghemon. I migliori tra i ragazzi si ribellano a un sistema che li vuole sempre sotto i riflettori
Quando l’ultima sera di Sanremo dietro le quinte, dov’ero con Ema Stokholma ad accogliere i cantanti che si erano appena esibiti, arrivò Sangiovanni, rimanemmo colpiti e dispiaciuti perché il ragazzo senza troppo girarci intorno disse, ed era la prima volta che lo diceva, che non ce la faceva, era troppo, non stava bene e aveva deciso di mollare il colpo, di smettere, almeno finché non si fosse sentito abbastanza tranquillo da tornare in pista. Ci colpì la sincerità, disarmante, in quel tipo di situazione dove anche una virgola si amplifica in modo abnorme, ci trovammo a essere testimoni di uno struggente momento di umanità nel carrozzone dei carrozzoni. Da lì, potremmo dire finalmente, il tema della fragilità è venuto fuori in modo prepotente, si è aggiunto Mr. Rain dicendo che anche lui vuole prendersi dei tempi più umani, spiegando: «Siamo sopraffatti da pressioni che ci rendono schiavi di un sistema che corre troppo veloce: un artista è costretto a pubblicare una canzone dietro l’altra perché sennò finisce nel dimenticatoio. Non ha senso».
Perché questo è il punto, non è solo un problema personale di Sangiovanni, è qualcosa di molto più grande e probabilmente coinvolge in diverse gradazioni tutti i giovani che stanno rivoluzionando la scena musicale. È un sistema stressante, esasperato, che ha totalmente cancellato le dinamiche essenziali che presiedono al lavoro creativo, tempi di elaborazione, di pensiero, di riflessione, di recupero, tutto annullato da una frenesia che non ha precedenti nella storia della musica popolare. Si è aggiunto Ghemon, furioso, con dei post fortemente accusatori nei confronti di una industria che non si preoccupa minimamente dei valori umani in campo, che mira a un profitto veloce e immediato. Ovviamente questo oltre che alla salute nuoce anche alla qualità della musica prodotta. Molti cantanti, anche della vecchia generazione, si stanno pronunciando in favore dei più giovani. Morandi ha pubblicato un delizioso post in cui abbraccia Sangiovanni, Ermal Meta ha ricordato che dovette fermarsi per colpa di un grave stress che gli aveva procurato danni psicosomatici molto rilevanti. E anche lui sottolinea un pericolo. La musica oggi comporta che un artista sia sempre in scena, costantemente, e questo soprattutto alla naturale fragilità dei più giovani non può che fare danni, a volte devastanti. È bello che anche i giovani comincino a esternare, a dire, a non stare più zitti. Ma la verità è che tutti dovremmo metterci una mano sulla coscienza: la musica, e i giovani che la fanno, va protetta, non spremuta.
UP
La navicella che si è posata giorni fa sul suolo lunare contiene una capsula con materiale utile a documentare la creatività, in particolare quella musicale. C’è di tutto, da Elvis a “Dark side of the moon” (omaggio dovuto). Meno chiaro perché di Jimi Hendrix abbiano incluso dei brani inediti. Forse sono adatti solo a eventuali alieni?
& DOWN
È una vecchia storia, d’accordo, ma i politici non smettono di tentare di strumentalizzare la musica a fini propagandistici. L’ultimo della serie è Trump che ha usato nei comizi “Nothing compares 2 u”, versione Sinead O’Connor. È stato giustamente diffidato dagli eredi. Ma il mistero rimane: come fa a piacergli una canzone così bella?