Mattarella sui suicidi in carcere. Chiesti 8 anni per Gianfranco Fini per la casa a Montecarlo. L'audio choc di Pittella. Giorgia Meloni sul dossieraggio. Le notizie del giorno da conoscere

Bufera su Salvini e le elezioni russe. Il gelo del Colle
Le elezioni in Russia dividono il governo italiano. «Quando un popolo vota ha sempre sempre ragione, le elezioni fanno sempre bene sia quando uno le vince sia quando uno le perde», la constatazione di Matteo Salvini che ieri in tarda mattinata rimbalza da Milano e va a cozzare con quella dell'altro vicepremier, Antonio Tajani. Il ministro degli Esteri, ribadisce che il plebiscito per Vladimir Putin è stato caratterizzato «da pressioni forti e anche violente».

Silenzio dalle massime istituzioni. Gelido quello del Quirinale: dopo la scontata vittoria non è partita alcuna lettera da presidente a presidente. La posizione di Palazzo Chigi è più vicina a quella della Farnesina. Anche se Giorgia Meloni, ad Agorà, in serata sottolinea come «quello che noi abbiamo fatto in questo anno e mezzo con la velocità con cui lo abbiamo fatto, e la chiarezza che abbiamo dimostrato in politica estera, tutto questo racconta di una maggioranza coesa». Non è detto che il tema delle presidenziali russe sarà toccato in modo diretto dalla premier nelle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo, oggi al Senato e mercoledì alla Camera. Di certo, si ragiona in ambienti a lei vicini, sono "una farsa" le elezioni andate in scena nei territori ucraini occupati dai russi.

Dal Pd a Iv, passando per Si e +Europa (nessun commento dal M5s), le opposizioni criticano duramente le parole di Salvini, a cui è seguita una nota della Lega, che parzialmente corregge il tiro: «In Russia hanno votato, non diamo un giudizio positivo o negativo del risultato, ne prendiamo atto e lavoriamo (spero tutti insieme) per la fine della guerra ed il ritorno alla pace». «Con queste posizioni il Governo può mai essere credibile? E Meloni tace...», attacca il dem Giuseppe Provenzano.

Anche all'estero fanno rumore le considerazioni del vicepremier. «Dimostrano che l'estrema destra in Europa è amica di Putin», nota Nicolas Schmit, candidato di punta dei Socialisti Ue alle Europee. Salvini «se ne vergognerà», l'affondo del Ppe con la lituana Rasa Juknevičienė, vicepresidente del gruppo e responsabile per gli affari esteri. Mentre con il passare delle ore arrivano le prese di posizione dalla Casa Bianca, da Berlino e da Parigi, allineate sulla mancanza di libertà nelle elezioni russe, Roma si esprime con il ministro degli Esteri. Silenzio dal Colle. La presidenza Italiana del G7 non dirama alcun comunicato. E in serata Meloni sfiora l'argomento rispondendo a una domanda della trasmissione di Rai3 sullo stato di salute del centrodestra: «Non conta quanto il campo sia largo, ma quanto sia coeso e compatibile, quanto abbia risposte chiare da dare ai cittadini e da rappresentare all'estero. L'Italia con la maggioranza di centrodestra chiaramente questo lo sta facendo».

 

Joe Biden: «Israele ha diritto a difesa, ma ora cessate il fuoco»
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha affermato di avere chiesto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu «di inviare una squadra a Washington per discutere come colpire Hamas senza una grande operazione di terra a Rafah». Scrivendo sulla piattaforma di social media X, Biden ha ribadito «la necessità di un cessate il fuoco immediato come parte di un accordo per la liberazione degli ostaggi, della durata di diverse settimane, in modo da poter riportare gli ostaggi a casa e aumentare gli aiuti ai civili a Gaza».

«Ho parlato nuovamente con il Primo Ministro Netanyahu degli ultimi sviluppi in Israele e Gaza. Ho continuato ad affermare che Israele ha il diritto di perseguire Hamas, un gruppo di terroristi responsabile del peggior massacro del popolo ebraico dai tempi dell'Olocausto», ha scritto Biden. E aggiunge. «Ho chiesto al Primo Ministro di inviare una squadra a Washington per discutere come colpire Hamas senza una grande operazione di terra a Rafah».

 

Per l'affaire "casa di Montecarlo" chiesti 8 anni per Fini
Otto anni di reclusione. Li ha chiesti la Procura di Roma nei confronti dell'ex presidente della Camera Gianfranco Fini, imputato assieme alla compagna Elisabetta Tulliani, per l'opaca operazione di compravendita, che risale al 2008, di un appartamento a Montecarlo, lasciato in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale. I pm Barbara Sargenti e Maria Teresa Gerace hanno sollecitato una pena a 9 anni per la compagna dell'ex segretario di An, e a 10 anni per il fratello Giancarlo Tulliani. Chiesti 5 anni per il padre Sergio. Nel processo si contesta il solo reato di riciclaggio dopo che nell'udienza del 29 febbraio scorso i giudici della quarta sezione collegiale avevano dichiarata prescritta l'accusa di associazione a delinquere, fattispecie contestata ad altri imputati ma non a Fini. La decisione dei giudici è legata alla esclusione dell'aggravante della transnazionalità.

In aula, durante la requisitoria, era presente l'ex presidente della Camera. «Era scontato che la pubblica accusa chiedesse la condanna - ha commentato - continuo ad avere fiducia nella giustizia e ciò in ragione della mia completa estraneità rispetto a quanto addebitatomi». Poco prima dell'intervento della Procura ha chiesto di rilasciare una breve dichiarazione Elisabetta Tulliani. Parole con le quali ha sostanzialmente "scaricato" il fratello.

«Ho nascosto a Gianfranco Fini la volontà di mio fratello di comprare la casa di Montecarlo. Non ho mai detto a Fini la provenienza di quel denaro, che ero convinta fosse di mio fratello - ha affermato visibilmente commossa la donna -. Il comportamento spregiudicato di mio fratello rappresenta una delle più grandi delusioni della mia vita. Spero di avere dato con questa dichiarazione un elemento per arrivare alla verità». L'Avvocatura dello Stato ha chiesto, dal canto suo, l'assoluzione per Fini. La sentenza è attesa per il prossimo 18 aprile.

 

Mattarella lancia l'allarme: «Agire contro i suicidi in carcere»
Troppi suicidi nelle carceri italiane, è arrivato il momento di intervenire, soprattutto per l'assistenza sanitaria e il sovraffollamento. Sergio Mattarella lancia l'allarme carceri e lo fa incontrando al Quirinale la polizia penitenziaria, ringraziata per gli sforzi e i "sacrifici" ma anche chiamata ad un "sovrappiù di responsabilità". La preoccupazione del presidente della Repubblica è basata su dati spaventosi: nel 2022 negli istituti penitenziari italiani si sono suicidati 84 detenuti, in questi giorni si calcola che ogni 60 ore un detenuto si toglie la vita. Numeri agghiaccianti che hanno spinto il capo dello Stato - peraltro più volte sollecitato da forze politiche ed associazioni umanitarie - ad affrontare di petto la questione: "Un elemento prioritario è l'esigenza di assistenza sanitaria nelle prigioni, che è una esigenza diffusa, ampia, indispensabile", premette Mattarella nel suo intervento ad una rappresentanza del Corpo di Polizia Penitenziaria, in occasione del 207° anniversario della sua costituzione. "E' indispensabile che si affronti sollecitamente questo aspetto.

Il numero dei suicidi nelle carceri dimostra che servono interventi urgenti. E' importante ed indispensabile affrontare il problema immediatamente e con urgenza. Tutto questo va fatto per rispetto dei valori della nostra Costituzione, per rispetto di chi negli istituti carceri è detenuto e per chi vi lavora", aggiunge. Il presidente aggiunge anche qualcosa in più e non si può non notare che la cronaca segnala oggi un caso di pestaggio in carcere a Foggia per il quale sono stati arrestati 10 agenti. Caso peraltro avvenuto diversi mesi fa. Il presidente chiede infatti una maggiore partecipazione ai problemi delle carceri ancora troppo fuori dall'attenzione della politica e dei media: "tutte le istituzioni e i corpi sociali si sentano non estranei al mondo penitenziario ma si sentano chiamati a dare collaborazione. Il vostro impegno è in questo ambito, tra sicurezza ed educazione, lo svolgete con grande professionalità e grandi sacrifici. La professionalità comporta un'esigenza di controllo di tutto, anche di se stessi naturalmente, e richiede un rispetto dei confini della professionalità, del comportamento professionale. Questo è importante, poiché la vostra autorevolezza è necessaria agli istituti ed è esaltata dalla professionalità autentica dal muoversi dentro questi confini di professionalità. E questo naturalmente, nelle grandi difficoltà degli ambienti in cui voi operate, richiede - sottolinea il presidente della Repubblica - un sovrappiù di responsabilità e vi ringrazio per questo".

 

«Io come un ebreo», audio choc di Pittella. Poi le scuse
Un audio choc: "Sapete quando deportavano gli ebrei e dovevano portarli nelle camere a gas? Io sono un ebreo per loro che deve morire". Chi parla è Marcello Pittella, dal 2013 al 2018 governatore lucano con il Pd, dal 2022 pluripotenziario di Azione in Basilicata, che - come aveva già fatto Italia Viva - ha ufficializzato il sostegno a Vito Bardi (centrodestra) per le Regionali del 21 e 22 aprile. "Loro" sono i dirigenti del Pd, che insieme a quelli del M5S, hanno indicato come candidato del centrosinistra il presidente della Provincia di Matera, Piero Marrese, e hanno deciso di allargare il perimetro della coalizione fino al partito di Calenda. "Sono profondamente dispiaciuto per l'accaduto e mi scuso con chi può essersi sentito offeso", sono state le parole scelte da Pittella per cercare di chiudere l'episodio, arrivato dopo "giorni di stress e tensione emotiva" che "hanno generato una ingiustificata e totalmente non voluta iperbole in un audio privato". Due minuti e 22 secondi: tanto dura il "vocale" inoltrato da Pittella a un gruppo di Azione che in poco tempo è passato di smartphone in smartphone, fino a diventare di pubblico dominio e a rendere ancora più incandescente l'affaire Basilicata. "C'è un limite a tutto. Basta", ha attaccato il capogruppo del Movimento Cinque Stelle al Senato, Stefano Patuanelli, mentre il presidente pentasellato, Giuseppe Conte ha rincarato la dose: "Pittella tratta gli elettori come merce". 

 

Dossieraggio. Meloni: «Questa è la punta iceberg bisogna andare a fondo sui mandanti»
"Sì, sono assolutamente convinta" che della vicenda del dossieraggio "noi conosciamo solo la punta di un iceberg e sono più che preoccupata e molto indignata. Di qualcosa che purtroppo aleggiava. Abbiamo visto, particolarmente quest'anno, le cose a orologeria, le paginate, e quindi penso che su questa storia bisogna andare fino in fondo". Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni intervistata ad Agorà su Rai Tre. "Penso - ha aggiunto la premier - che la questione sia molto più ampia e che ci siano stati gruppi di potere che abbiamo usato informazioni riservate per fare interessi propri, penso che non sia possibile che una cosa" del genere "accada in Italia e quindi bisogna andare fino in fondo per tirare tutti i responsabili e soprattuto i loro mandanti".