Influire sui mercati finanziari è difficile. Perciò, per quanto riguarda l'Italia, servirebbe un massiccio intervento di politica industriale. O le disuguaglianze si allargheranno

Le stime del Fondo monetario internazionale sull’andamento dell’economia mondiale sottolineano una netta divergenza tra la crescita negli Usa (+ 2,7% quest’anno), rispetto a quella dell’Eurozona (+0,8%). La divaricazione è netta. Contrasta con le voci ricorrenti sul declino americano a causa delle difficoltà che l’amministrazione Biden incontra al Congresso per la riparametrazione del livello della spesa pubblica.

 

È vero, si assiste al declino del ruolo svolto nel mondo dalla politica americana dopo la seconda guerra mondiale, mentre, non si assiste, alla luce delle proiezioni del Fmi, a un declino sul piano economico, della produttività, della tecnologia e del mercato finanziario statunitense. Il sistema economico americano ha ripreso vigore grazie agli investimenti tecnologici e informatici effettuati dalle imprese in virtù di una mobilitazione eccezionale di fondi pubblici (500,00 miliardi di dollari). L’amministrazione Biden per contrastare l’espansione economica della Cina non ha badato a spese. L’entità del debito pubblico americano preoccupa oggi, ma non in prospettiva. Sarà la crescita economica a sistemare le cose. Il rinnovato vigore dell’economia statunitense non giova ai nostri interessi. Crea grossi problemi ai bilanci pubblici, soprattutto a quello del nostro Paese.

 

Il positivo andamento dell’economia americana che si è riversato sul miglioramento del reddito pro capite dei cittadini (il doppio di quello degli italiani a parità di potere di acquisto del dollaro rispetto all’euro) continua a mantenere alta l’inflazione. Il combinarsi di questi effetti ha indotto il presidente della Federal Reserve, Powell, a dichiarare che «gli attuali livelli dei tassi rimarranno alti fintanto che ce ne sarà bisogno». D’altra parte, il rendimento dei titoli di Stato decennali americani è salito al 4,66%, trascinando al rialzo il Bund tedesco al 2,49%, il Btp al 3,91% e lo spread Italia-Germania da 120 punti base a 142.

 

La nuova interrelazione sul mercato finanziario mondiale, basata sull’andamento dei fondamentali dell’economia, vanifica le dichiarazioni sull’efficacia del taglio dei tassi di interesse sul nostro bilancio pubblico indicato per il mese di giugno da parte della Bce. In un mercato globale gli investitori finanziari seguono solo gli arbitraggi nei rendimenti tra le varie piazze. Il ministro Giorgetti, alla luce delle preoccupazioni del Fmi sull’andamento del debito pubblico globale, quindi anche di quello italiano, ha cercato di rassicurare i mercati dichiarando che «stiamo lavorando per ottemperare agli impegni di cui alla legge di bilancio 2024» (cuneo contributivo e mini riforma Irpef).

 

È difficile, però, aggiustare le cose di fronte all’indifferenza degli investitori finanziari. In Italia e in Europa, per non stare a discutere del nulla, bisognerebbe che, senza indugio, fosse messa mano a una politica industriale degna di questo nome. In caso contrario le disuguaglianze si allargheranno. Il governo italiano cercherà di far tornare i conti con ulteriori tagli alla sanità, all’istruzione, ai servizi sociali, alle pensioni. Oltre, naturalmente, ai risparmi della Rai sui gettoni agli scrittori.