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«Il governo è zelante nel cancellare le tasse per successioni e donazioni. Meno nel combattere l'evasione»
L'esecutivo azzera le imposte sul passaggio di aziende o quote e sulle liberalità. Ma resta fermo nel contrastare il peso crescente dell'Iva e i buchi provocati da chi si sottrae al Fisco
L’escalation della tensione tra Israele e Iran, che coinvolge lo stretto di Hormuz, nel Golfo Persico, potrebbe provocare effetti nefasti sul prezzo dell’oro nero che oggi oscilla intorno ai 90 dollari al barile, contro i 72 dollari di un anno fa. Da quel tratto di mare, infatti, transita un terzo delle esportazioni mondiali di petrolio. Una riduzione dei transiti si ripercuoterebbe sul prezzo. L’inflazione al 2 per cento si allontanerebbe, se il prezzo della benzina e del gasolio salisse al di sopra di 2 euro al litro. Tornerebbero a crescere, pertanto, sia il costo del paniere della spesa – basti pensare soltanto all’effetto sul prezzo del pane e della pasta – sia quello della mobilità delle persone per lavoro o per esigenze familiari.
La lievitazione del prezzo dei carburanti fossili, a causa dell’incidenza del 56 per cento sul prezzo finale dell’Iva e delle accise, incrementa più che proporzionalmente il prezzo dei carburanti rispetto al costo base della materia prima e in modo indiscriminato le entrate fiscali. Nonostante ciò, il governo non immagina di fare niente sul peso crescente dell’Iva e degli oneri di sistema. Nel Documento di economia e finanza non è stato fatto alcun cenno a possibili tensioni inflazionistiche. Il rischio non va sottovalutato. La Fed, a causa dell’innalzamento delle stime sull’inflazione nel mese di marzo (+3,5 per cento), e la Banca centrale europea, per effetto dell’incertezza sul prezzo del petrolio, potrebbero rinviare senza indicazioni temporali la riduzione dei tassi di interesse con effetti devastanti sul sistema economico-sociale.
Nel Def identica ignavia è riservata all’evasione fiscale, nonostante vi sia un diffuso timore nello stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sull’entità dell’indebitamento della pubblica amministrazione. Si teme, infatti, che non possa essere mantenuto il tetto del debito pubblico indicato nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza dell’ottobre 2023.
Dal 2025, invece, con il dodicesimo decreto attuativo della delega fiscale, è stata azzerata, sotto l’equivoco scudo del cambio generazionale, l’imposta di successione per il trasferimento di imprese familiari e di quote di maggioranza nel loro capitale (anche di società immobiliari) ai figli, se la partecipazione o la gestione dell’impresa saranno mantenute per cinque anni. L’esclusione dal pagamento della tassa di successione vale anche per i trasferimenti di quote sociali e azioni residenti in Paesi dell’Unione europea e degli Stati che garantiscono un adeguato scambio di informazioni. Le stesse modifiche introdotte in tema di donazioni nascondono una profonda ambiguità. L’esenzione della tassazione alle liberalità d’uso, vale a dire delle attribuzioni patrimoniali senza prestazione di servizio, accomuna, infatti, le mance ai regali di Natale. Una somiglianza inaccettabile sotto il profilo dell’equità fiscale.
Ci si trova di fronte a un ulteriore passaggio della riforma fiscale che contraddice, in radice, uno dei massimi esponenti del liberalismo, John Stuart Mill, il quale sosteneva che le fortune «ottenute senza nessuno sforzo dovessero essere sottoposte a tassazione progressiva», aggiungendo che per «evitare l’evasione, e anche il rischio di un’imposta espropriativa, le imposte di successione dovessero contemplare aliquote contenute».