Il rapper dedica l'ultima raccolta al suo alter ego Slim Shady. E fa centro ancora una volta

Come singolo apripista ha scelto Houdini, in riferimento al celebre mago, famoso soprattutto per la sua incredibile capacità di liberarsi da situazioni in apparenza proibitive, un uomo che sfidava sempre le possibilità estreme, a costo di rischiare la sua salute, se non addirittura la sua sopravvivenza. Dunque Houdini è un simbolo, scelto in questo caso per annunciare l’ennesimo gioco di prestigio di Eminem, a quattro anni dal precedente, “Music to be murdered”, dedicato invece al mondo del thriller, e in particolare alla figura di Alfred Hitchcock. 

 

In questo caso c’è in ballo la sparizione del suo alter ego Slim Shady. Che questo possa voler dire l’abbandono totale delle scene, o solo l’uccisione rituale della sua maschera preferita, non è chiaro al momento. In questi giorni l’album, anticipato dai singoli “Houdini” (video con moltitudine di ospiti amici e toni da fumetto antico) e “Tobey” (video in stile horror) è finalmente uscito col titolo fin troppo esplicito di “The death of Slim Shady (coup de grace)” dodicesimo album della sua carriera. A fine maggio si era visto un video in cui Eminem parlava con l’illusionista David Blaine e concludeva la conversazione annunciando: «Farò scomparire la mia carriera», qualsiasi cosa questo voglia dire, in un gioco di illusioni e trucchi. 

 

Ormai il nuovo corso dello stile di Eminem è quello di costruire album concept, come questo, anche se lo stesso artista spiega che all’apparenza può apparire disordinato, ma il filo c’è e come e va a intrecciarsi col gioco di sponda tra realtà e finzione nella figura di Slim Shady, che apparve fin dall’inizio della storia con un primo Ep intitolato “Slim Shady”, un debutto che fu decisivo perché fu quello che suscitò l’attenzione di Dr.Dre e fu di fatto l’inizio di tutto. 

 

Dr.Dre rimane la figura di riferimento, il produttore geniale che è sempre stato dietro la musica di Eminem, fin da quando lo presentò con una frase che ha fatto epoca: «È bianco, però e bravo». Perché Eminem è esattamente questo, un bianco che è riuscito a primeggiare in un genere quasi totalmente dominato da artisti black, come con realistica ironia veniva raccontato nel film autobiografico “8 Mile”. 

 

La verità è che Eminem al di là di tutto è fenomenale anche in questo nuovo album, tra un riferimento e l’altro trova sempre il modo di ricordare di essere se non il più bravo rapper al mondo, poco ci manca, vola sulle rime con ritmi da vertigine, scivola debordante e catastrofico in pezzi che si intitolano “Lucifer”, “Antichrist”, “Evil”, tanto per ricordare che anche per gioco Eminem, o se preferite, Slim Shady, rimane un cattivissimo ragazzo.