La carenza o i difetti dei dispositivi di sicurezza sono costati la vita ad alcune le vittime degli aggressori seriali. Mentre le carceri restano piene. Un problema che il sistema non riesce a risolvere e che, con le nuove disposizioni, finisce anche per peggiorare

Un palazzo giallo regge il cielo su Riccò del Golfo. Al bianco delle nuvole si fonde quello del telo che avvolge Saida Hammouda, tunisina di 46 anni naturalizzata italiana. Fin troppo per il marito Hichem Ben Fattoum, che riempie di botte lei e la figlia, troppo vicina ai compagni di scuola maschi.

 

All’ennesima notte in ospedale decide di sporgere denuncia, a cui segue un divieto di avvicinamento con obbligo di braccialetto elettronico con cui la polizia avrebbe potuto monitorarne i movimenti. Condizionale necessario dato che, proprio il giorno fissato per allacciarlo, Saida è raggiunta dalle coltellate del marito, morto suicida nella casa in cui non sarebbe dovuto entrare. Un divieto impolverato fra le domande di braccialetti ancora non soddisfatte per carenza di dispositivi, che dilata le consegne di oltre un mese. Troppo tardi per proteggere il coraggio di Saida e dei suoi figli.

 

Le misure restrittive arrivano subito, ma il divieto di avvicinarsi ai minori non ha impedito a un 33enne con casi di pedofilia alle spalle di diventare animatore a Perugia e abusare di una bambina. Anche qui, i ritardi hanno ostacolato l’attivazione del braccialetto dissolvendo ogni esigenza cautelare.

 

Poche certezze anche se la giustizia è puntuale, ma con un dispositivo difettoso. Nessun segnale è giunto in caserma dal Gps attaccato alla caviglia di Franco Panariello, mentre irrompeva nella casa dell’ex moglie Concetta Marruocco per pugnalarla davanti alla figlia minorenne.

 

Da anni i problemi accompagnano questi dispositivi. Dopo i test fra 2001 e 2003 il suo impiego si amplia in tutta Italia per indagati o imputati ai domiciliari. Lungo gli otto anni di gestione esclusiva di Telecom, la Corte dei Conti calcola solo 14 attivazioni al costo totale di 81,3 milioni di euro. Un buco per le casse pubbliche che non lede la fiducia verso la società, il cui contratto si rinnova altri sei anni. Superati gli affidamenti diretti, il governo apre un bando di gara per la fornitura fino al 2021 di 36-43 mila pezzi con un budget di 23 milioni di euro destinati alla vincitrice, Fastweb.

 

Nel XVIII rapporto sulle condizioni di detenzione, Antigone rivela che dal 2014 al 2021 sono stati concessi 5625 arresti domiciliari a fronte di appena 2600 dispositivi consegnati, come si evince dalla relazione tecnica del decreto «Cura Italia», citata dall’interrogazione parlamentare del dicembre 2020 di Roberto Giachetti. Il colosso delle comunicazioni respinge le accuse di inadempienza chiarendo che il contratto non prevede la consegna di una quantità predefinita, ma il riferimento di massimo 1.200 braccialetti al mese «dipende da quanto richiesto di volta in volta dalle Forze di Polizia in conseguenza delle disposizioni dei magistrati, l’unica autorità competente a disporre misure di restrizione della libertà personale o alternative al carcere».

 

Eppure, le domande di dispositivi arrivano di continuo dai tribunali, specialmente per i detenuti che hanno diritto a scontare la pena in casa. Nel 2021 la cardiopatia ipertensiva di M. Fichera convince il giudice di Catania a disporre i domiciliari con obbligo di braccialetto. Se non fosse che i ritardi hanno serrato i portoni di Poggioreale per oltre un mese. Così come G. Marradino, 84enne con vasculopatia cerebrale cronica, bloccato nella stessa clinica carceraria con un secondino al capezzale per assenza di dispositivi. I quali avrebbero garantito un ricovero presso una struttura sanitaria più adatta alle sue condizioni, aggravate da una caduta che ha compromesso il femore.

 

Non molto è cambiato negli ultimi anni. Nel maggio 2023 Fastweb si aggiudica un altro bando triennale con un’offerta da 15 milioni e 600 mila di euro. Mentre l’incapacità di reperire nuovi braccialetti trattiene in cella Jonathan Maldonado, accusato di aver tentato di uccidere la moglie Siu, influencer di Biella, nonostante la mancata convalida del fermo da parte del gip e un divieto di avvicinamento con obbligo di firma. Le carenze della macchina giudiziaria sfregiano il garantismo e costringono il gip a incarcerare gli indagati sottoposti a semplici misure cautelari nell’attesa che il carico di dispositivi giunga a destinazione.

 

Per Antigone, i dispositivi oggi attivi sono 5.965. Il doppio del 2022, ma nel 2024 supereranno ogni previsione. Pesa l’intervento sul Codice rosso del 2019 alla fine dell’anno scorso con la legge n.168 presentata dai ministri Roccella, Piantedosi e Nordio, che ha potenziato il ricorso al dispositivo contro tutti i «reati spia», indicatori di violenza di genere e minacce, incrementando le richieste da parte dei giudici. Dal dicembre 2023 vengono infatti allacciati dei braccialetti «d’urgenza» a chi è sottoposto a misure cautelari, collegati a un dispositivo che avvisa la vittima in caso di avvicinamenti sospetti.

 

L’estensione applicativa dei braccialetti capillarizza il controllo dei soggetti più pericolosi, a costo però di infiacchirne la deterrenza. Le ultime modifiche hanno generato «un incremento molto rilevante – decuplicandone il numero – delle richieste di attivazione di braccialetti anti-stalking, con livelli ben superiori a quanto previsto dalle soglie contrattuali», spiega Fastweb a L’Espresso, precisando di essersi già attivata con il ministero «per fare fronte a tale straordinaria ed imprevedibile modifica della domanda».

 

La prassi ritoccata dalla legge n.168 ha reso anacronistiche le forniture massime inserite nel contratto vigente, congelato in un tempo non più in linea con l’attuale domanda da parte della magistratura. E in mancanza di un adeguato aggiornamento si espone a rischi insostenibili chi crede di aver neutralizzato la minaccia, acuendo il dolore di chi già vive in cella. Il filo tra burocrazia e realtà si spezza nel momento più critico, un cortocircuito pagato a carissimo prezzo.