Dopo l'uragano Beryl, la Giamaica si rialza grazie all'impegno di Stand Up for Jamaica e delle comunità locali.

Solitamente, quando ci immaginiamo la Giamaica, visualizziamo spiagge dorate, mare cristallino e musica che scorre come sangue nelle vene. Un paradiso terrestre, baciato dal sole e cullato dal ritmo del reggae. Ma la realtà sull’isola caraibica, oggi, è profondamente cambiata. A poche ore dal passaggio dall’uragano Beryl, la Giamaica è ferita ed ha perso i suoi colori. Beryl ha causato due giovani vittime, ha pesantemente danneggiato la costa sud, in particolare il villaggio di St. Elisabeth, e i settori dell’agricoltura e della pesca hanno subito un grande colpo che peserà sull’economia locale. Da sempre gli uragani caratterizzano la stagione estiva caraibica - da giugno a novembre - ma mai prima avevano raggiunto il livello di categoria 5 ancora prima di toccare il mare dei Caraibi con venti che hanno raggiunto i 252 km orari. Nonostante le devastazioni catastrofiche dell’uragano, l’isola si sta rialzando velocemente: i principali aeroporti internazionali risultano già riaperti e le comunità si stringono per aiutarsi l’una con l’altra.

Nell'anima giamaicana, tra reggae e sorrisi, pulsa un cuore ferito
Passata l’emergenza post Beryl, l’isola tornerà ad essere una delle destinazioni turistiche più amate, offrendo un lifestyle unico e paesaggi da cartolina. Dietro la cartolina però, si nasconde una realtà ben diversa. Una storia di schiavitù, povertà e disuguaglianza che ancora oggi lacera il cuore del popolo giamaicano.

 

Nei villaggi giamaicani, nasce una fiamma di speranza: Stand Up for Jamaica
In questo scenario di sofferenza, risuona un grido di riscatto: Stand Up for Jamaica (SUFJ). Un'organizzazione no profit, nata nel 2002, che combatte per i diritti umani e la dignità di chi vive ai margini della società giamaicana. Un faro di speranza che illumina le comunità locali e crea un futuro tra le carceri, dove la vita spesso si spegne prima di sbocciare. SUFJ non si limita a numeri e statistiche. Dietro ogni progetto, c'è una storia, un volto, un'esistenza che lotta per emergere dal buio. Più di 1.200 persone hanno beneficiato dei programmi di riabilitazione e reinserimento sociale nelle carceri. Non solo istruzione e formazione professionale, ma anche laboratori psicologici per imparare a gestire le ferite del passato e costruire un futuro migliore. La violenza sulle donne è una piaga profonda in Giamaica. SUFJ è al fianco di chi subisce abusi e soprusi, offrendo assistenza legale, psicologica e supporto economico. Più di 300 donne hanno trovato la forza di rialzarsi e costruire una nuova vita, grazie ai corsi di formazione in cosmetologia e piccola imprenditoria. Piccole azioni che offrono una alternativa concreta per emanciparsi e costruire un futuro migliore fuori dal carcere.

 

Il grido dei malati mentali e i diritti LGBTQ+
SUFJ non dimentica nessuno. Nemmeno chi la società ha emarginato e imprigionato solo per una mente fragile. La loro voce, spesso soffocata, trova finalmente ascolto grazie all'organizzazione. Una campagna promossa da SUFJ denuncia la disumana detenzione carceraria dei malati mentali e ne chiede il rilascio immediato. Un progetto di legge sostenuta e promossa da SUFJ punta a vietare l'incarcerazione per i malati mentali e a proporre percorsi di cura alternativi. In un paese dove l'amore tra persone dello stesso sesso è ancora illegale, SUFJ si batte per il riconoscimento dei diritti della comunità LGBTQ+. Un impegno per garantire pari opportunità e protezione a tutti i cittadini giamaicani, senza distinzioni.

 

Il potere dell'istruzione per cambiare il futuro
Un progetto pilota in collaborazione con la University of Commonwealth Caribbean offre un master in finanze ed economia ai detenuti. Un'opportunità unica per acquisire competenze e costruire un futuro migliore. Solo attraverso l’istruzione c’è possibilità di riscatto sociale ed economico.  SUFJ ha un team di 9 insegnanti, 3 team di psicologi e una ginecologa; fornisce quaderni, libri di testo, penne, matite, lavagne, computers, stampanti e tutto l’occorrente per poter garantire ai partecipanti ai corsi un livello di istruzione che possa permettergli di rifarsi una vita fuori dal carcere evitando di delinquere di nuovo. Il lavoro di SUFJ è impegnativo e spesso frustrante, ma la speranza di un cambiamento positivo alimenta la loro tenacia. La direttrice di SUFJ, Maria Carla Gullotta, storica attivista per i diritti umani, invita tutti a unirsi alla loro causa e a riconoscersi nel grido di Bob Marley: "One Love".

 

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