Victor Wembanyama, vent'anni e un'intera nazione che non perde un suo gesto. È andato a canestro al ritmo di un sax. È volato negli Usa. E oggi le Olimpiadi l'hanno consacrato idolo

Il ragazzo è tornato a casa. Ad accoglierlo in città ha trovato una foto grande quanto l’ingresso del Louvre stampata in decine di copie, piazzate nei punti strategici: Champs- Élysées. Place de la Concorde. L’Opera. E via andare. Risultato? Ovunque tu giri lo sguardo c’è lui, Victor Wembanyama.

Il ragazzo ha 20 anni e un’intera nazione da trascinarsi sulle spalle che a vederle sembrano ancora bisognose di parecchia palestra. Ma c’è poco da fare, se uno è predestinato le spalle se le farà. Con le buone o con le cattive.

Il ragazzo è la star indiscutibile della squadra di basket francese e di questa Olimpiade. Ieri sera è tornato a Parigi per un quarto di finale del torneo olimpico dopo aver giocato la prima fase a Lille. Quando la squadra francese è entrata sul parquet della Bercy Arena, la telecamera è andata dritta su di lui. Ventimila persone hanno generato un boato. La cosa interessante è che la telecamera non si è mai separata da Victor, anche quando tirava a canestro un suo compagno. Sempre addosso a intercettare ogni impercettibile movimento facciale. Victor Wembanyama come Truman Burbank, selezionato alla nascita e adottato da un canale tv che lo trasforma in un reality.

 

 

Alla Francia mica mancano gli idoli sportivi. Ci sarebbe Mgapeth, il pallavolista fenomeno che ha guidato i suoi all’oro di Tokio (che stasera affronta L’Italia). C’è pure lo straordinario nuotatore Léon Marchand, quattro ori qui a Parigi. Ma nessuno è come Victor, capace di tenere in piedi uno show 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, un format che fa impazzire i francesi (ma anche i suoi avversari sul campo).

 

È sempre colpa degli americani. Lo hanno scovato che era ancora un bambino e hanno capito le potenzialità di questo esile fusto di 224 centimetri con le movenze rapide e imprevedibili di un giocatore da un metro e ottanta. Così hanno deciso a tavolino che sarebbe stato lui il nuovo Messia del basket NBA. Victor è cresciuto a Le Chesnay, sobborgo di Parigi. Nella Betlemme del basket la metropolitana non arriva e fino all’apparizione di Victor era celebre perché Napoleone vi registrò l’ultima disfatta.

 

Il ragazzo ha un volto ingannevolmente ingenuo, veste abiti firmati, non ama i videogiochi perché è lui il videogioco che nessuno riesce a controllare. Ha imparato l’inglese alla perfezione guardando le telecronache del basket in lingua originale e da un anno si è trasferito a San Antonio, Texas, per giocare nella lega più importante del mondo. Dicono che trasformerà il gioco della pallacanestro. Ma potrebbe essere solo la conseguenza della bulimia da marketing USA che ha sempre fretta di scovare il “nuovo Michael Jordan”.

Non c’è dubbio che abbia qualità fuori dal comune. Alla sua prima partita di prova in America, in mezzo a veterani per niente accondiscendenti, segnò 68 punti. Stephen Curry, uno dei più grandi della NBA, confessò: «Una cosa del genere l’ho vista solo alla playstation».

 

Non c’è pathos nell’avvicinamento al basket di Victor, non ci sono quartieri difficili e così via. È solo che la madre Elodie, cestista pure lei, non sapeva dove parcheggiarlo durante gli allenamenti. Così a 5 anni gli metteva un pallone tra le mani e via. Papà Felix, un saltatore triplo di origine congolesi, gli ha insegnato l’arte della buona coordinazione. Al resto ha pensato un coach tedesco di nome Holger che suonava il sax mentre quello tirava a canestro. Per dargli ritmo.

 

Nel frattempo Wemby – come l’hanno etichettato gli americani nella loro foga di rendere le cose cacofoniche quanto il nome di una barretta di cioccolato – si è trasformato in una multinazionale e in un feticcio. La prima parte è costituita da quattro contratti di sponsorizzazione che vanno dall’alta moda all’abbigliamento sportivo col marchio del baffo che ha tempestato la città di murali. Poi ci sono bevande e figurine. Circa 100 milioni l’anno oltre ai 67 di stipendio in 4 anni. La parte feticcio riguarda i fanatici disposti a pagare 762mila dollari all’asta per la sua maglia sudata del match d’esordio in NBA.

 

Personalità forte, spiccata maturità, ieri sera nella partita vinta dalla Francia sul Canada sembrava semplicemente un ventenne che vuole fare buona impressione con gli adulti. Ha sbagliato diversi tiri, ma quando gli è riuscita una stoppata per poco non veniva giù tutta Bercy. Lui pare imperscrutabile, oppure si domanda intimamente se non sia tutto davvero troppo. Ma forse no. Le sue statistiche di ieri sono modeste ma come dice il suo saggio allenatore a San Antonio, Greg Popovich, «… voi lo sapete che le statistiche sono una marea di stronzate?».

 

Adesso la Francia affronta in semifinale gli Usa dove gioca LeBron James, il più grande giocatore degli ultimi vent’anni. Di Victor potrebbe essere il padre e sa già che questo moccioso francese ha buone chance di prendere il suo posto: «Non ho mai visto prima una cosa del genere. Per fortuna non dovrò giocarci contro ancora a lungo. Nel 2050 parlerete molto di lui e poco di me». La loro sfida domani sera sarà nel prime-time serale. Il Victor-Truman show promette ascolti da capogiro.