pane al pane
Il mondo brucia e le grandi potenze appiccano incendi
Gli accordi per il clima sono stati un fallimento. E nel futuro si intravedono solo altri passi indietro
Il 10 gennaio il National Centers for Environment Information, un’agenzia governativa statunitense che gestisce uno dei più grandi archivi di dati sul clima a livello mondiale, ha pubblicato il rapporto sulla temperatura media del nostro pianeta nel 2024. Come suggerivano stime precedenti, il 2024 ha stabilito un nuovo record per gli ultimi due secoli (almeno), battendo il precedente stabilito nel 2023. Siamo arrivati a 15,19 gradi (nel 2023 eravamo a 14,98 gradi). Sembra quindi un buon momento per fare il punto sul cambiamento climatico. Le notizie sono piuttosto brutte. Ricordo che l’Accordo di Parigi del 2015 fissava come obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale al 2100 “ben al di sotto dei 2 gradi rispetto all’età pre-industriale e preferibilmente entro l’1,5 gradi”. Per età preindustriale si intende (convenzionalmente) il periodo 1850-1900, la cui temperatura media è stimata intorno ai 13,7 gradi. Il che vuol dire che l’accordo di Parigi prevedeva di contenere la temperatura del Pianeta preferibilmente entro i 15,2 gradi al 2100. Ci siamo arrivati invece al 2024. Ora, c’è una forte oscillazione nelle temperature tra un anno e l’altro, per cui è possibile che nel 2025 si scenda anche marcatamente sotto i 15 gradi. Ma aver superato i 15 gradi con 76 anni di anticipo seppur, si spera, temporaneamente, è preoccupante.
Lo è ancor di più se si tiene conto di quanto è accaduto alle emissioni di CO2 (anidride carbonica) dal 2015 rispetto a quello che avrebbe dovuto accadere. L’Accordo di Parigi prevedeva che i Paesi firmatari (quasi tutti quelli del mondo) avrebbero dovuto impegnarsi a definire dei percorsi di riduzione delle emissioni coerenti con il sopra indicato obiettivo di contenimento della temperatura. Questo comportava azzerare le emissioni entro il 2050.
Cosa è accaduto invece? Nel 2015 le emissioni (generate dall’uso di combustibili fossili) erano di 35,5 miliardi di tonnellate. L’anno scorso si stima siano state di 37,8 miliardi. Invece di ridursi, sono aumentate. Questo per effetto di due forze. Nei Pae-si avanzati le emissioni sono effettivamente scese, ma questo è stato più che compensato dall’aumento delle emissioni nei Paesi emergenti, tra i quali Cina e India sono i principali.
È stata sfortuna, calcoli sbagliati? Direi di no. I percorsi di riduzione delle emissioni che i Paesi emergenti hanno pubblicato dal 2015 indicavano chiaramente che nessuno dei principali Paesi emergenti aveva intenzione di decarbonizzare entro il 2050. Tra i Paesi avanzati i principali (Stati Uniti, Unione Europea e Giappone) avevano accettato l’obiettivo del 2050, ma anche tra questi sono in corso ripensamenti. Trump annuncerà presto l’uscita degli Usa dall’Accordo di Parigi e nell’Unione Europea si sta rafforzando l’idea di rivedere la legislazione su case e automobili verdi perché troppo penalizzante. Una volta usciti gli Usa dall’Accordo di Parigi, tra le prime otto Nazioni in termini di emissioni solo il Giappone avrà un percorso di riduzione coerente con l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi, peraltro già raggiunto nel 2024. Temo che tutto questo significhi che siamo ormai troppo in ritardo sul preferibile obiettivo fissato a Parigi. Occorrerà vedere in che misura siamo ancora in tempo per un aumento inferiore a 2 gradi. Non sono molto ottimista in proposito visti i recenti sviluppi.