L'elezione di oggi - 13 febbraio - alza la quota a nove, con Maria Alessandra Sandulli. Ma il divario aumenta. Gli altri membri della Consulta scelti dal Parlamento sono tre uomini: Massimo Luciani, Francesco Saverio Marini e Roberto Cassinelli

L'accordo sarebbe stato raggiunto ieri - 13 febbraio - tra i leader di maggioranza e opposizione. Pare che Giorgia Meloni abbia parlato direttamente con Elly Schlein e Giuseppe Conte per trovare un'intesa sui giudici costituzionali di nomina parlamentare. Il Quirinale non ha nascosto un certo disappunto per lo stallo, durato diverse settimane: le forze politiche, in un clima di discordia, hanno lasciato la Consulta priva di quattro componenti sui 15 totali previsti. I nomi che, salvo sorprese, saranno eletti da deputati e senatori riuniti in seduta comune, oggi, sono: Francesco Saverio Marini, Roberto Cassinelli, Massimo Luciani e Maria Alessandra Sandulli. Una donna su quattro. La scelta politica non dà una sterzata rispetto al record - negativo - che la Consulta vanta in termini di parità di genere: dal 1956, ci sono state solo otto giudici donne su un totale di 121 componenti. Con l'elezione di Sandulli, la quota salirebbe a nove.

 

Chi sono i quattro giudici prossimi alla nomina?

 

L'accordo tra centrodestra e centrosinistra è necessario perché, per l'elezione dei giudici costituzionali, è richiesta la maggioranza dei tre quinti dei parlamentari. Chi sono i quattro papabili che avrebbero fatto superare l'impasse? Francesco Saverio Marini, indicato da Fratelli d'Italia, è consigliere giuridico di Palazzo Chigi. Il suo lavoro è stato fondamentale nell'elaborazione della riforma costituzionale sul premierato. Massimo Luciani, professore emerito di Diritto pubblico alla Sapienza di Roma, ha ricevuto il sostegno del Partito democratico per la nomina. Forza Italia ha indicato invece il nome di Roberto Cassinelli, ex parlamentare e avvocato. Infine, la candidatura di Maria Alessandra Sandulli, giurista e professoressa ordinaria a Roma Tre, sarebbe ascrivibile a un comune accordo tra maggioranza e opposizioni.