L’articolo 31 del ddl Sicurezza estende le “condotte scriminabili” per l’intelligence fino al comando di gruppi terroristici. E costringe le Pa a diventare centri di spionaggio

La maggioranza di governo spinge per aumentare i poteri dei Servizi segreti, ma le garanzie democratiche rischiano di restare indietro. L’articolo 31 del ddl Sicurezza, attualmente all’esame del Senato, introduce un’estensione senza precedenti delle «condotte scriminabili» per gli operatori dell’intelligence, vale a dire di quelle azioni che per un cittadino comune sarebbero reato, ma che diventano lecite per chi opera nei Servizi. Anche quando si tratta di reclutare, organizzare gruppi eversivi, detenere materiali esplosivi o agire con finalità di terrorismo. Secondo Marco Pellegrini, deputato del M5S e membro del Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che vigila sulle attività dei Servizi), si tratta di una vera «abnormità». Non solo sarà consentito infiltrarsi in organizzazioni criminali – il che è già oggi possibile – ma il nuovo testo permette persino di dirigere gruppi terroristici, anche internazionali, o associazioni con finalità eversive. Se il ddl sarà approvato, saranno legittime anche attività come la fabbricazione di esplosivi, purché autorizzate dal presidente del Consiglio dei ministri e svolte per finalità istituzionali.

 

«Questo pericoloso potenziamento dei Servizi – evidenzia Pellegrini a L’Espresso – avviene senza un corrispondente rafforzamento dei poteri di controllo del Parlamento, attraverso il Copasir. È evidente che l’asimmetria di cui stiamo parlando porta con sé il rischio concreto di indebolire il monitoraggio parlamentare sui Servizi segreti, a tutto vantaggio della presidenza del Consiglio, sotto cui sono posti». Il deputato ha, infatti, presentato una serie di emendamenti volti a rafforzare il ruolo del Comitato, ma – sottolinea – «sono stati tutti bocciati dall’attuale maggioranza».

 

Il problema, secondo Pellegrini, è duplice. Da un lato, si tratta del metodo. «È inaccettabile che questa destra modifichi, a colpi di maggioranza, il bilanciamento dei poteri tra presidente del Consiglio, Servizi e Parlamento e cioè modifichi il cuore e il senso della legge n. 124 del 2007, una legge che, voglio sottolinearlo, è stata approvata in modo bipartisan». Dall’altro lato, c’è il merito: la riforma espande pericolosamente i confini delle attività dell’intelligence, lasciando appunto scoperte le garanzie democratiche. «Dall’intero ddl trasuda una precisa e pericolosa volontà di comprimere l’emergere nel Paese di un eventuale, quanto probabile, a mio giudizio, dissenso nei confronti del governo e delle sue politiche», dice il deputato.

 

Non è la prima volta che il governo interviene in modo controverso sulle attività d’intelligence. «Già a fine 2022 – spiega Pellegrini – aveva modificato un altro aspetto delicatissimo, cioè la questione delle intercettazioni preventive da parte dei Servizi, infilando questa norma nella legge di Bilancio 2023, approvata anch’essa dalla sola maggioranza». Così il termine per il deposito delle intercettazioni fu esteso dai precedenti 5-10 giorni a 30 giorni.

 

La manovra è ancora più criticata in un Paese come l’Italia, «che ha visto – ricorda Pellegrini – il pesante coinvolgimento di soggetti apicali dei Servizi segreti nelle stragi che hanno segnato la lunga scia di sangue degli anni di piombo e in varie altre attività sovversive». Insomma, secondo il deputato è «una vera e propria follia».

 

L’unica forma di controllo sembra essere legata al segreto di Stato, che, nonostante la scriminante più ampia, non potrà comunque coprire documenti o fatti legati al terrorismo o all’eversione costituzionale. Eppure, con il disegno di legge n. 1236, gli agenti dei Servizi per l’informazione potranno essere tutelati in procedimenti e processi attraverso l’uso di identità di copertura sia durante le testimonianze sia all’interno degli atti giudiziari.

 

La rete di Libera e altre associazioni denunciano: «Molti dei familiari delle vittime innocenti di mafie e terrorismo a oggi non conoscono la verità, proprio a causa di depistaggi dei Servizi segreti deviati». Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, sottolinea che maggiore potere ai Servizi significa meno trasparenza: «Se questi ultimi sono coinvolti in violazioni dei diritti umani, rischiamo di non venirlo mai a sapere». «Il Paese ha il nervo scoperto – avverte Pellegrini – il tempo e il comportamento del governo nei prossimi mesi diranno se queste assurde modifiche legislative siano figlie dell’ignoranza, dell’arroganza del potere, di retaggi e simpatie autoritaristiche, oppure se discendano da un preciso disegno strategico».

 

Inoltre, una delle novità introdotte dall’articolo 31 riguarda le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati, come università e centri di ricerca, che saranno obbligati a collaborare e a fornire assistenza a Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, Agenzia Informazioni e Sicurezza esterna, Agenzia Informazioni e Sicurezza interna, su loro richiesta. Questo rappresenta un cambio radicale rispetto alla normativa vigente, che prevedeva solo la facoltà di collaborazione. «Si trasformano le amministrazioni pubbliche in una gigantesca centrale di ascolto e spionaggio, anche in barba alla privacy dei cittadini», osserva Pellegrini. Le convenzioni che potranno essere stipulate tra pubbliche amministrazioni, Dis, Aise e Aisi potranno includere anche la condivisione di informazioni, superando i vincoli di riservatezza previsti dalle leggi attuali.

 

«È un articolo descritto in maniera abbastanza ambigua – afferma Noury – certamente sarebbe strano se fosse un articolo in favore dei diritti umani». In Parlamento, Pellegrini ha soprannominato il provvedimento «ddl anti-Gandhi»: «Se fosse vivo e fosse italiano, questo governo avrebbe messo in galera anche lui – commenta ironicamente il deputato – l’auspicio è che il ddl Sicurezza venga profondamente rivisto e che l’articolo 31 sia del tutto stralciato».