La sfida dell’auto cinese sbarca in Europa dove la prima economia mondiale non arriva certo per giocare un ruolo secondario. Sarà così per la Byd (acronimo di Build Your Dreams, costruisci i tuoi sogni), forte di oltre 4,2 milioni di automobili vendute nel 2024 a livello mondiale (nel 2020 erano appena 500mila) con ricavi per 100 miliardi di dollari. Il principale produttore del Pianeta di veicoli a batteria e ibridi plug-in non nasconde infatti obiettivi e progetti. Né tantomeno il notevole livello tecnologico raggiunto: «Siamo 3-5 anni avanti rispetto alla concorrenza, in termini di prodotti, tecnologia e produzione industriale», ha detto recentemente il fondatore della casa, Wang Chuanfu. «L’offensiva europea avrà uno sviluppo veloce», ci dice Alfredo Altavilla, da settembre dello scorso anno Special Advisor di Byd Europe, manager storico del settore auto ed ex braccio destro di Sergio Marchionne in Fca. Una posizione strategica, visto che il vecchio continente rappresenta per Byd un grande mercato di conquista, dove la mobilità sostenibile elettrificata sarà sempre più protagonista. I primi passi? Una fabbrica in Ungheria entro l’anno e poi un piano (ancora da studiare) per un secondo stabilimento in Turchia. I modelli, invece, ci sono già (l’ultimo, Atto 2, è stato presentato in questi giorni) e a fine anno saranno in tutto undici. Infine, il debutto nel vecchio continente del marchio Denza, specializzato in auto elettriche di fascia alta, che sarà presentato in occasione della Design week milanese (7-13 aprile), manifestazione della quale il marchio di Shenzen sarà anche sponsor.
Altavilla, lei sta lavorando anche per favorire collaborazioni industriali tra Byd e l’indotto italiano. Ha già partecipato a un incontro con l’Anfia e centinaia di imprenditori. Qual è il bilancio?
«È stato un incontro molto positivo, avvenuto dopo che il vertice del gruppo aveva stabilito che per la nascita di nuove fabbriche in Europa ci sarebbe voluto un sostanzioso contributo di collaborazioni locali. Personalmente ho suggerito di prendere in seria considerazione la filiera della componentistica italiana il cui valore è molto alto, così come la competenza. Una filiera che tra l’altro sta attraversando un momento di crisi dovuto alla situazione generale ma anche al deciso rallentamento del costruttore nazionale».
Quindi una buona notizia per la componentistica italiana che conta circa duemila aziende e 160mila addetti. Potrà diventare fornitore degli stabilimenti europei di Byd?
«Un incredibile e tutto sommato inaspettato successo. Hanno partecipato, infatti, circa 500 fornitori. Ovviamente non abbiamo avuto la possibilità di incontrarli tutti ma la grande maggioranza sì. Pensi che in precedenza nel perimetro della Byd ce n’erano appena 22 e questo, dunque, per noi rappresenta un grande passo avanti che ha sbalordito tutti. Insomma, vedo una concreta possibilità di collaborazione per la filiera italiana della componentistica che ha continuato a investire con un modello di business legato alla competitività».
Come vede, invece, il mercato europeo dell’auto, tra regolamenti confusi e clientela senza certezze?
«Credo che il mercato europeo non sia fatto da una domanda, quindi dai gusti del consumatore, ma da un’offerta guidata dalla legislazione. Tant’e che oggi in molti rimandano l’acquisto di un’auto, in attesa di regole più chiare, e si rifugiano nell’usato. Con il risultato che il consumatore tradizionale sta alla finestra».
Ma allora quali misure servirebbero per rilanciare la competitività del mercato europeo?
«Per rimettere veramente in moto il mercato serve una revisione del green deal che riveda lo stop del 2035 e consenta la circolazione almeno ai plug-in hybrid. Sui carburanti biologici ho qualche dubbio sulla competitività del prezzo, piuttosto mi interessano maggiormente due cose, decisamente più importanti: una politica di infrastruttura seria per creare una rete capillare di colonnine per sostenere davvero l’elettrico; qualunque supporto si vuol dare al mercato deve essere strutturale. Quindi, sono convinto che servano più gli incentivi per lo sviluppo delle infrastrutture che non quelli per l’acquisto, meno che mai della durata di pochi mesi».
Secondo lei, c’è ancora un futuro per il motore termico?
«Sì, se accoppiato con il motore elettrico. Byd continua a puntare sulle ibride plugin (ricaricabili anche con la spina, ndr) che rappresentano un’educazione progressiva all’uso di un’auto totalmente elettrica. La domanda però è un’altra: visto che i costruttori dovranno tenere in vita due famiglie di prodotti, quanti saranno in grado di farlo?»
Tornando a Byd e ai marchi cinesi in generale, che spazio pensa possano ritagliarsi?
«Per quanto riguarda Byd, siamo seriamente convinti che la nostra tecnologia, sia elettrica che ibrida insieme alla nostra elettronica on board, abbia un vantaggio di almeno 5-7 anni sugli europei. Dunque, le posso dire che la nostra crescita sarà veloce e che non siamo certo venuti in Europa per prendere il 2 per cento, ma per essere uno dei player più importanti della scena. Inoltre, il nostro obiettivo è renderci autosufficienti nel mercato in cui operiamo. Quindi, anche in Europa venderemo ciò che qui produrremo, grazie anche a una rete di distribuzione rilevante su cui stiamo già lavorando».
La prima fabbrica Byd inizierà a produrre a fine anno. Come sarà e quali modelli produrrà?
«Sarà una fabbrica all’insegna della flessibilità, il che significa che sulla stessa piattaforma potranno passare fino a nove auto diverse. Questo dà l’idea di come impostiamo il processo di produzione».
Passiamo alle alleanze tra costruttori. Honda-Nissan è finita ancora prima di iniziare. La storica Renault-Nissan si avvia al tramonto mentre Stellantis ha grandi difficoltà nella gestione di troppi marchi che si sovrappongono. Che futuro vede su questo tema?
«Sono convinto che non appena avremo compreso la portata delle politiche commerciali, come i dazi e il green deal, dovremo riscrivere le regole del consolidamento. Ma saranno inevitabili nuovi assetti in Europa, negli Stati Uniti e soprattutto in Cina, dove ci sono troppi costruttori. Insomma, credo che nei prossimi 5 anni ci saranno importanti processi di aggregazione e non saranno sempre di collaborazione tra costruttori ma talvolta saranno del tipo “Uno mangia l’altro”».
Come andrà a finire con i dazi imposti sulle auto prodotte in Cina dagli Usa e dall’Europa?
«Sono convinto che Trump li stia usando soprattutto per negoziare condizioni migliori, quindi non li ritengo un problema. I dazi in Europa sono stati introdotti per bloccare le auto cinesi che costavano poco. Una misura che va essenzialmente contro i consumatori e che impedisce ai cinesi di fare investimenti. Siamo andati in Ungheria perché sono contrari ai dazi. Tutto qui. Quindi a cosa è servita la politica dei dazi? Per Byd sono un mal di testa passeggero perché da ottobre cominceremo a produrre in Europa. Insomma, serve sempre un approccio costruttivo».
Ultima domanda: l’auto è diventata un bene di lusso e sempre meno persone possono permettersela. Saranno proprio i cinesi a riequilibrare la situazione?
«Si devono innanzitutto cambiare le politiche di marketing. Stiamo passando dall’acquisto tradizionale al noleggio con le rate: ma quanti giovani possono permettersele? Dovremmo lasciare più spazio a mercato e innovazione. Noi, a maggio, lanceremo la prima piccola firmata Byd. Avrà un prezzo molto competitivo ma con meno balzelli e senza dazi potrebbe davvero essere la risposta alla sua domanda».