Tecnologia e scienza, ma non solo. Lo Spazio si connota sempre più come uno scacchiere strategico e geopolitico di primaria importanza. E l’Europa si trova ad ingaggiare nuove sfide per confermare il suo ruolo fra i leader del settore e garantirsi l’indipendenza, anche tecnologica. L’Espresso ne ha parlato con Luca Parmitano, astronauta dell’Esa (Agenzia spaziale europea), da sempre un punto di riferimento nel dibattito sul futuro dell’Europa nello Spazio.
“Nello Spazio si può dare un senso di presenza globale”. È una sua dichiarazione recente, come può essere riferita all'Europa e all'Italia?
"Ho parafrasato il Manifesto degli astronauti, un testo che ho scritto insieme ai miei colleghi nel 2022 in occasione dello Space Summit di Tolosa, in Francia. Questo concetto si applica sia all'Italia che all'Europa: si tratta della necessità di una presenza forte nello Spazio che è ormai uno scacchiere strategico, che va considerato non solo dal punto di vista dell’esplorazione, della tecnologia e della scienza, ma anche sotto il profilo politico e strategico". All’inizio di questo decennio è diventato evidente che, accanto agli attori classici – come le agenzie spaziali internazionali (NASA, ESA ASI) stiano emergendo nuovi protagonisti che hanno rivoluzionato il settore. Le aziende private hanno assunto un ruolo di primo piano, SpaceX in testa, ma ci sono altri attori emergenti che entrano in questo mercato con un’influenza crescente".
Ci faccia un esempio.
"Un esempio chiaro viene dall’accesso al volo spaziale umano, che oggi per il mondo occidentale dipende quasi esclusivamente da privati. Per noi astronauti il rischio è che il volo spaziale umano venga considerato secondario, dal punto di vista strategico e politico. È per questo che per noi astronauti europei è fondamentale proiettare la presenza europea nello Spazio per il suo valore tecnologico, ma anche come strumento di soft power. Il termine “soft” è relativo, perché si tratta di una capacità concreta con una forte valenza strategica e politica, come dimostrano le politiche spaziali di altre nazioni. Se non vogliamo che lo Spazio diventi una sorta di “frontiera selvaggia”, un nuovo Far West senza regole, dobbiamo assicurarci che vi siano rappresentati i valori europei, come l’utilizzo pacifico delle risorse, la collaborazione e la cooperazione internazionale".
Dagli eventi recenti emerge la necessità di una prospettiva diversa per l'Europa dello Spazio. E lei ritiene che la scelta sia nelle mani dei cittadini europei.
"Noi come agenzia intergovernativa siamo esecutori della volontà della popolazione, che dovrebbe essere intesa come guidance. I leader e decisori europei seguono la volontà della cittadinanza che li elegge e li porta al potere. Spetta ai cittadini indicarci cosa vogliono che facciamo, quali destinazioni immaginano che dobbiamo raggiungere e con quali obiettivi, sia in ambito scientifico che tecnologico, anche in termini di esplorazione spaziale concreta. I programmi dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) seguono un doppio approccio: top-down - con iniziative guidate dai leader europei - e bottom-up - con richieste e aspettative provenienti direttamente dalla società. I decisori politici, una volta eletti, devono seguire queste indicazioni, ma anche garantire il contributo e i finanziamenti necessari per realizzarle".
Questo riguarda ad esempio l’esplorazione lunare?
"Questa rappresenta oggi una delle principali aree di sviluppo nel settore spaziale. L'ESA ha già investito molto sia in termini di capacità industriale che di sviluppo di tecnologie per il trasporto spaziale. Un esempio emblematico è il Modulo di Servizio Europeo (ESM - European Service Module), che rappresenta il cuore propulsivo, la fonte di energia elettrica e il sistema di navigazione della navetta Orion, destinata a portare gli astronauti sulla Luna. Questi sono progetti a lungo termine, come la stazione orbitante lunare Lunar Gateway. Il nostro ruolo è quello di eseguire, ma servono linee guida chiare e il pieno supporto della cittadinanza europea. La destinazione finale deve essere quella immaginata e voluta dagli europei: sono loro a dirci dove andare, mentre noi abbiamo il compito di trovare il modo di arrivarci".
Difesa e sicurezza stanno diventando sempre più determinanti nel settore spaziale. Che conseguenze avrà questo nel prossimo futuro?
"L’obiettivo è lo sviluppo di una costellazione di satelliti destinati a garantire questa capacità, il progetto IRIS² (Infrastructure for Resilience, Interconnectivity and Security by Satellite), che dovrebbe entrare in funzione entro la fine di questo decennio. Tuttavia, resta un gap temporale di circa cinque anni, durante il quale dovremo trovare soluzioni per coprire questa esigenza crescente. Le trattative su questi temi sono in corso proprio in questo momento e la Ministeriale ESA del 2025 sarà un appuntamento chiave. Durante questo incontro, i Paesi membri dell'ESA definiranno le priorità strategiche e i budget per i programmi spaziali futuri. L’Agenzia Spaziale Europea avrà un ruolo determinante nel dare un segnale forte a livello globale sulla capacità e l’ambizione dell’industria aerospaziale europea".
Quando parliamo di esplorazione spaziale, quali ritiene siano le competenze e le qualità più importanti per i futuri astronauti europei?
"Abbiamo appena selezionato una nuova classe di astronauti europei che, in un certo senso, rappresentano già il futuro. Attualmente sono in addestramento per le missioni che si svolgeranno nei prossimi anni e vanno a integrare la mia generazione di astronauti, selezionata nel 2009, destinata alle missioni di esplorazione lunare e dello spazio profondo. I nuovi astronauti, invece, continueranno inizialmente a operare in orbita bassa terrestre. La selezione di questa nuova classe si è basata su l’esperienza maturata negli ultimi 25 anni, che ci ha insegnato quali caratteristiche sono davvero essenziali. La più importante è sicuramente la flessibilità, la capacità di svolgere compiti molto diversi tra loro. Nell’era dello Space Shuttle le missioni erano brevi, della durata di circa due settimane, e consentivano di selezionare astronauti altamente specializzati in una singola disciplina,tecnica, scientifica o logistica. Oggi le missioni sono più lunghe e complesse e gli astronauti del futuro dovranno essere in grado di svolgere una gamma di attività estremamente diversificata".
Dopo questa parentesi dedicata alla selezione astronautica, Luca Parmitano tornerà presto a volare? Ci sono programmi per il futuro di cui può darci qualche anteprima?
"A Houston sarò impegnato in un addestramento ECM nell'ambito di una collaborazione tra NASA e la Marina americana per il recupero degli equipaggi dopo lo splashdown della navetta Artemis. Sono anche responsabile dell’addestramento dei nuovi astronauti dell’ESA per le fasi di preparazione ai voli verso la Stazione Spaziale Internazionale. In qualità di istruttore e mentore, mi occupo in particolare delle fasi relative alla robotica e agli aspetti operativi della missione. Un altro compito fondamentale che seguo riguarda lo sviluppo del Lunar Gateway, la futura stazione spaziale in orbita intorno alla Luna. Sono coinvolto direttamente nella progettazione del design interno ed esterno dei moduli abitativi, nonché nelle attività extra-veicolari. La mia esperienza in orbita mi permette di contribuire alla definizione delle migliori soluzioni per lavorare in un ambiente spaziale complesso".
Una curiosità più personale: di cosa ha paura Luca Parmitano e cosa, invece, lo rende felice pensando al futuro?
"Quello che mi preoccupa di più è l’instabilità globale. Credo che tutti gli esseri umani abbiano bisogno di alcune certezze, ma oggi viviamo in un periodo di grande incertezza. Siamo costantemente bombardati da cattive notizie: conflitti, instabilità politica, crisi climatiche. A questo si aggiunge la capacità di accedere istantaneamente alle informazioni da tutto il mondo, che amplifica la percezione di precarietà. Sono molto sensibile a questo tema, anche perché ho due figlie adolescenti, e vedo il mondo attraverso i loro occhi proiettati verso il futuro. Mi preoccupa la loro generazione, e cerco di dare il mio contributo per costruire un domani più stabile e sicuro. Ma c’è anche qualcosa che mi rende felice. Nonostante tutto, quando noi astronauti veniamo intervistati o siamo ospiti in televisione, siamo ancora portatori di buone notizie. Siamo il volto di un mondo che guarda avanti, che punta all’esplorazione, alla conoscenza e alla collaborazione internazionale. Credo che la gente riesca ancora a sognare quando ci ascolta parlare delle nostre missioni e dei nostri obiettivi. Questo senso di appartenenza a un sogno comune è qualcosa di straordinario. Unisce le persone molto più di un nemico comune. Un sogno condiviso è un motore positivo per l’umanità, e sapere di poter contribuire a questo mi rende ancora felice".