A giudicare dal Romaeuropa Festival il Vecchio Continente gode di ottima salute. Se la politica a Bruxelles fatica a tenere il passo, infatti, la cultura e l’arte fanno la loro parte nel dialogo internazionale. Compie quarant’anni la manifestazione nata nel 1986 a Roma come un’utopia, con la voglia di cambiare una città e una stagione. In anticipo sui tempi, visto che il Muro di Berlino all’epoca era ancora saldo al suo posto. Ora il festival dialoga con le istituzioni culturali di altri Paesi che hanno sede a Roma, in particolare Villa Medici – Accademia di Francia, dove tutto cominciò, in una sorta di diplomazia parallela fondata su arte e cultura.
Quest'anno Romaeuropa torna con un’edizione che non vuole essere solo una celebrazione, ma un invito a guardare avanti. Ecco allora un programma che, in oltre due mesi di programmazione (dal 4 settembre al 16 novembre), supera i confini tra musica, danza, teatro, arti digitali e creazione per l’infanzia. Oltre 110 spettacoli per 250 repliche e ospitando oltre 700 artiste e artisti provenienti dall’Italia e da tutto il mondo, in teatri, auditorium, spazi espositivi.
Difficile navigare nel palinsesto affollatissimo. L’opening della quarantesima edizione sarà il 4 e 5 settembre con lo spettacolo “Afanador” firmato da Marcos Morau per il Ballet Nacional de España, al Teatro dell’Opera di Roma. Ispirato ai libri e alle sessioni fotografiche di Ruvén Afanador, lo spettacolo traduce in danza e musica la sua visione onirica e surreale del flamenco.
«Il percorso che qui presentiamo è il risultato del lavoro di una squadra composta da molti giovani che affiancano coloro che hanno vissuto gli esordi del Festival, nato nel 1986 su impulso di Jean-Marie Drot, allora direttore dell'Accademia di Francia, e di Monique Veaute che ne ha curato e sviluppato l’architettura artistica, assieme al sostegno di Giovanni Pieraccini che ne è stato a lungo Presidente», ha affermato il presidente della Fondazione Romaeuropa Guido Fabiani nel corso della conferenza stampa a Villa Medici, a Roma.

E ancora, tra grandi ritorni e nuove proposte il Festival costruisce i suoi percorsi mettendo a confronto generazioni e linguaggi: dalle prestigiose compagnie europee come la Dresden Frankfurt Dance Company e il Ballet National de Marseille, alle icone internazionali della musica come Laurie Anderson, Stefano Bollani con Alessandro Baricco, Kruder & Dorfmeister, Ryoji Ikeda o Blixa Bargeld con la compagnia danese Hotel Pro Forma; dai cine-concerti dedicati al film cult Whiplash di Damien Chazelle (al suo decimo anniversario) e La Haine (L’odio) di Mathieu Kassovitz musicato da Asian Dub Foundation (per i suoi trent’anni), agli omaggi per i 100 anni di Luciano Berio. E tanti altri eventi ancora.
Della genesi del festival ha parlato in conferenza stampa il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ricordando la figura di Renato Nicolini, intellettuale scomparso nel 2012, padre dell’Estate romana e assessore alla Cultura del Comune di Roma per la lunga stagione delle giunte di sinistra, dal 1976 al 1985. Proprio alla vigilia della prima edizione del Romaeuropa Festival. «Ha fatto bene il sindaco a ricordarlo», afferma a L’Espresso il direttore generale e artistico del REF, Fabrizio Grifasi: «Insieme a Jacques Lang diedero una prima accoglienza al Romaeuropa, quando Jean-Marie Drot e Monique Veaute lanciarono il progetto». Com’è oggi la scena culturale rispetto ad allora? «Rimane il grande fermento tipico della metà degli anni Ottanta, una grande voglia di scoprire. Nel corso degli anni si è sviluppata negli anni la capacità di organizzare tournée in Europa, di coprodurre. Tutto questo non esisteva all’epoca. Come in quegli anni esistono elementi di incertezza, ma fanno parte delle sfide di chi organizza progetti».
Inoltre, Grifasi ha spiegato la logica dell’edizione 2025. «Esploriamo il potere dell’immaginazione come forza di cambiamento, mettendo in dialogo le visioni artistiche con le sfide concrete del presente, tornando a costruire uno spazio di confronto in cui convivono i grandi protagonisti della musica, della danza e del teatro e le nuove generazioni di artisti che esplorano i confini della creazione, il patrimonio del Novecento, la storia del Festival stesso e gli orizzonti futuri». E, a proposito di anniversari, la quarantesima edizione del Festival si chiuderà il 16 novembre con Kruder & Dorfmeister con The K&D Sessions Live, celebrazione dei trent'anni di carriera del duo austriaco e di uno dei dischi culto dell’elettronica anni Novanta, nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone.
Infine UltraRef alla Pelanda del Mattatoio, grazie alla collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo. Per i suoi quarant’anni, REF rilancia con convinzione questo percorso attraverso ULTRA REF: un luogo di festa e condivisione, in continua trasformazione, crocevia di estetiche e sperimentazioni, dove la contaminazione è regola e i confini dei linguaggi si dissolvono.
A inaugurarlo, non a caso, uno speciale doppio concerto con Lyra Pramuk – punta di diamante dell’avant-pop internazionale con il suo “futurist folk” – e ISABELLE LEWIS, progetto nato dall’incontro tra Valgeir Sigurðsson (producer di Björk, Feist, Damon Albarn), il regista e controtenore fiammingo Benjamin Abel Meirhaeghe (già al REF 2022 con Madrigals) e la violinista Elisabeth Klinck (già con Miet Warlop), presentato insieme a Flanders State of The Art. Sempre nel segno della musica, la sezione ULTRA CLUB (a cura di Matteo Antonaci, Giulia Di Giovanni e Federica Patti) trasforma gli spazi della Pelanda in un vero club musicale.