Dopo un apparente cambio di rotta, sembra che il prossimo colloquio sul nucleare tra Stati Uniti e Iran si terrà a Roma, sabato 19 aprile. A riferirlo sono i media arabi. All'incontro dovrebbero participare l'inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente di Donald Trump, Steve Witkoff, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi e il ministro degli Esteri omanita, Badr Albusaidi, a cui spetta la mediazione nei colloqui indiretti tra Washington e Teheran. Il primo incontro si è infatti svolto in Oman, il 12 aprile, precisamente a Muscat.
Le trattative si concentrano da una parte sul possibile uso militare del nucleare iraniano che Washington vuole arginare, e dall’altra sulla revoca delle sanzioni imposte agli ayatollah. I vertici della Repubblica islamica, però, sono scettici, visto che Trump per primo è uscito dall’accordo raggiunto nel 2015 anche con Russia, Cina e alcuni Paesi europei. "I negoziati procedono in modo regolare" e "saremmo lieti se si arrivasse a un accordo", ha dichiarato il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, secondo quanto riporta l'agenzia iraniana Mehr in riferimento a una possibile intesa con gli Stati Uniti prima di un nuovo round di colloqui sul nucleare iraniano tra Teheran e Washington.
Inizialmente il secondo round dei negoziati doveva tenersi a Roma alla vigilia di Pasqua. Il governo italiano lo aveva confermato. Poi è arrivato l'annuncio - nella notte tra il 14 e il 15 aprile - di Araghchi, secondo cui l'incontro sarebbe spostato nuovamente a Muscat, probabilmente per via dalla volontà della Casa Bianca di evitare sovrapposizioni tra i colloqui e la visita del vicepresidente J.D. Vance, atteso nella capitale nello stesso fine settimana: insieme alla Second Lady, Usha Vance, sarà in Italia (e poi in India) dal 18 al 24 aprile, secondo quanto annunciato dalla Casa Bianca. A Roma Vance incontrerà la premier Giorgia Meloni e il segretario di stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin.
A Muscat "abbiamo cercato di gettare le basi dei colloqui, perché non abbiamo la necessaria fiducia negli americani. Nel prossimo round, definiremo il quadro dei negoziati sul programma nucleare iraniano e continueremo fase per fase. Gli americani dovrebbero fornire garanzie sulla revoca delle sanzioni", ha spiegato il caponegoziatore iraniano Majid Takht-Ravanchi. Aggiungendo: "L’Iran non accetterà il linguaggio della forza e, se minacciato, reagirà". L’emittente statale iraniana ha confermato che Witkoff e Araghchi si sono incontrati di persona, segnando la prima interazione diretta tra funzionari americani e iraniani a questo livello dall’era Obama. Anche la Russia gioca un ruolo nei negoziati: il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in un briefing, ha affermato che il Cremlino è pronto a fare "tutto" quanto è nelle sue possibilità per contribuire a trovare una soluzione diplomatica alla controversia tra Stati Uniti e Iran sul programma nucleare di Teheran: "La Federazione Russa rimane pronta a fare tutto il possibile per contribuire alla risoluzione della situazione con mezzi politici e diplomatici".
Intanto dal direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, è arrivato un avvertimento: l'Iran "non è lontano" dal possedere una bomba atomica. "È come un puzzle: hanno i pezzi e forse un giorno potrebbero rimetterli insieme. C'è ancora molta strada da fare prima di arrivarci. Ma non sono lontani, dobbiamo ammetterlo", ha detto. "Non basta dire alla comunità internazionale "non abbiamo armi nucleari" perché ci credano. Dobbiamo essere in grado di verificarlo".