Parole nette sul ripudio del totalitarismo fascista e qualche ripensamento sugli ardori giovanili

Il 25 aprile potrebbe essere, per Giorgia Meloni, l’occasione per liberarsi una volta per tutte dell’etichetta ingombrante di post-fascista. Non bastano i silenzi, la negazione di ogni nostalgia o le dichiarazioni generiche sul valore della democrazia. Per archiviare definitivamente le ombre della giovinezza - come quell’intervista in cui la diciannovenne Giorgia definì Mussolini «un buon politico», uno che «tutto quello che ha fatto, l’ha fatto per l’Italia» - serve un gesto politico e simbolico di chiarezza storica. Un discorso forte, limpido, inequivocabile. Ecco dieci frasi che la presidente del Consiglio potrebbe dire in un discorso che di sicuro lascerebbe il segno.

1. Riconoscere il valore della Resistenza come fondamento della Repubblica: «La libertà che oggi celebriamo fu conquistata anche col sacrificio di uomini e donne che si opposero al nazifascismo. La Resistenza è parte della nostra identità democratica».

2. Condannare il fascismo senza ambiguità: «Il regime fascista ha calpestato le libertà fondamentali, represso il dissenso, promulgato infami leggi razziali e condotto l’Italia in una guerra devastante. È stato un errore storico che non può essere giustificato».

3. Sottolineare la distanza ideologica dal passato: «Il partito che oggi rappresento è radicato nei valori del patriottismo democratico, non del revisionismo nostalgico».

4. Riconoscere il proprio cambiamento personale: «Come molti giovani, ho espresso opinioni che oggi non mi rappresentano più. Crescere significa anche rivedere le proprie idee».

5. Difendere i valori costituzionali: «La Costituzione è il pilastro della nostra convivenza civile. È nata dalla Resistenza, e come tale la rispetto e la difendo. Ogni tentazione autoritaria appartiene al passato».

6. Inviare un messaggio all’Europa: «L’Italia antifascista è parte integrante dell’Europa democratica. Non c’è spazio per ambiguità quando si tratta di diritti umani, libertà e pluralismo».

7. Lanciare un invito alla memoria condivisa: «Il 25 aprile non può essere una data divisiva. Deve essere una festa di tutti, di chi ama l’Italia, qualunque sia il suo orientamento politico, perché celebra la fine di una dittatura e l’inizio della libertà».

8. Compiere un gesto simbolico: partecipare ufficialmente a una cerimonia della Liberazione, magari accompagnata da partigiani o dai loro discendenti, deporre una corona in via Tasso o in un luogo simbolico della Resistenza, e pronunciare lì parole chiare e solenni.

9. Aprirsi a un patto repubblicano: «Vorrei che il 25 aprile diventasse un momento in cui le forze politiche si ritrovassero, al di là delle differenze, per ribadire insieme il no a ogni totalitarismo, fascismo compreso».

10. Guardare al futuro con radici nel passato: «Celebrare la Liberazione non significa vivere ancorati al passato, ma ricordare da dove veniamo per non ripetere mai più quegli errori. Solo così l’Italia potrà essere davvero unita».

Se Giorgia Meloni pronunciasse parole simili, con chiarezza e convinzione, non solo mostrerebbe una maturità politica capace di sanare ferite storiche, ma metterebbe in difficoltà chi continua a definirla post-fascista solo per convenienza polemica. Perché la verità storica non si riscrive, ma si può finalmente riconoscere. E a quel punto, il 25 aprile non sarebbe più una prova da superare per Giorgia Meloni, ma un’occasione da ricordare come il giorno in cui ha voltato definitivamente pagina. L’esperienza purtroppo induce a dubitare che lei voglia farlo.

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