Mi complimento con me stessa per avere disobbedito. Quante cose si imparano, e in fretta, se si scappa da una vita ordinata. Mi propongo di disobbedire più spesso... Parla così, fra sé, la piccola Rosannù, inseguendo le risposte alle domande a cui gli adulti non vogliono rispondere. Ribelle come la nonna Clorinda, la bambina è una delle voci narranti di “Arrivammo a destinazione”, romanzo di Giovanna Casadio (Laurana Editore). Una storia di donne che attraversa il tempo e l’Italia da Sud a Nord e che, svelando i segreti, le verità e le lotte di una famiglia intera riflette al tempo stesso le trasformazioni del Paese nel corso del Novecento. Dal 1915 al 1963 Casadio racconta la Grande guerra, l’arrivo funesto del fascismo e di un altro conflitto mondiale e infine il boom economico, l’immigrazione interna e la discriminazione dei lavoratori meridionali. Tutto, però, resta sullo sfondo delle vicende personali e sentimentali di Miriam, Clorinda, detta Dina, Maria Lucente e Rosannù. Quattro generazioni di madri e figlie, di donne disobbedienti e “guerriere” - come la Clorinda di Torquato Tasso - che imparano a vivere il mondo alle proprie condizioni, al di là delle regole e delle convenzioni sociali. Quattro donne che non si lasciano definire dagli uomini, che siano mariti, compagni, padri o fratelli, e che accettano la loro presenza solo se altrettanto sovversivi e liberi, come Sebastiano Moncada, il capitano che non riconosce altra legge se non quella del mare, o Nevio Boni, il maresciallo-poeta «che sa affrontare il male e il bene».
Rosannù, trascinata all’improvviso in un altro mondo, dalla Sicilia occidentale alle Prealpi varesine, osserva e ascolta tutto ciò che le accade intorno. Guarda la piccola comunità «furtiva» di chi come lei e la sua famiglia è alla ricerca di un nuovo posto nel mondo, e diventa la voce-guida dei lettori nel tempo presente del romanzo, gli anni Sessanta. Sono gli occhi curiosi e meravigliati di una bambina, perciò, quelli che cercano di comprendere i perché e che vedono la nonna Dina come una fonte inesauribile di storie da scoprire. Soprattutto quelle sul bisnonno Sebastiano, morto in circostanze mai chiarite nel maggio crudele del 1915, quello della guerra contro cui il capitano si batteva con forza.
Nella Maharìa, ovvero nel mistero oscuro che avvolge la morte del capofamiglia, Giovanna Casadio pone la base del romanzo stesso. Ogni equilibrio, ogni forza, ogni resistenza si sposta sulle donne che restano, Miriam e Clorinda, e che continuano a cercare fino all’ultimo la verità e la giustizia. Per riuscire a trovare la pace, la famiglia Moncada deve scoperchiare tutti i segreti che il mare e il tempo hanno conservato per anni. Deve ricercare nei ricordi i volti di ogni persona incrociata lungo la via e al tempo stesso ricostruire i tasselli di un mosaico che, pezzo dopo pezzo, rivela il suo disegno. Ogni cosa torna al suo posto, in questa indagine che si muove anche fra i silenzi colpevoli e i crimini intorno alla Grande Guerra. È solo così che si può arrivare a destinazione, riaprendo vecchie ferite, facendo i conti con il passato e riuscendo a riconoscere e abbracciare il presente, per poter immaginare un futuro.