È il 17 novembre 2023, Papa Francesco tiene tra le mani le lettere scritte dalle prigioni libiche di Mbengue Nybilo Crepin - detto Pato - e le foto di Matyla Dosso e della piccola Marie, morte nel deserto tra Libia e Tunisia. Erano state deportate dalle milizie di Kaïs Saïed il 16 luglio 2023, nello stesso giorno in cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si trovava a Tunisi per stringere il memorandum d'intesa con la Tunisia. La foto che ritrae le due donne abbracciate, senza vita, nel deserto, fece il giro del mondo fino ad arrivare dentro le Stanze Vaticane.
Pato, marito di Maty e padre di Marie, sopravvive per quattro mesi in Libia da solo. Mesi in cui l’unica speranza che lo tiene in vita sono delle lettere che scrive a Papa Francesco. Bergoglio le leggerà e poco dopo l'arrivo di Pato a Lampedusa, lo inviterà presso la Santa Sede. Quel giorno, dentro le grandissime stanze del Vaticano, la fragilità dell’essere umano e la sua solitudine hanno incontrato la forza maestosa di chi ce l’ha fatta, di chi ha vinto nonostante tutto ed è arrivato alla fine del viaggio. Quello stesso giorno - scopriremo solo oggi - sarà Papa Francesco a lasciare una lettera a Pato.
“Sono di nuovo orfano, Papa Francesco era un padre per me, mi ha salvato la vita, mi ha dato la mano in un momento in cui avevo perso le speranze. È grazie a lui se adesso sorrido, se parlo, se conosco l’italiano. Quel giorno mi diede una lettera che porto sempre con me e che un giorno darò ai miei figli” racconta l’uomo a l’Espresso. “Sono andato a pregare per lui stamattina e gli ho detto: Salutami Marie, salutami Matyla, salutami i miei genitori e fagli sapere che sono ancora sulla Terra”.