Una chiamata alle arti per la memoria del 25 aprile

Da Milano all’Oltrepò Pavese, da Genova a Marzabotto e nella fattoria dei fratelli Cervi, il ricordo ha il tratto del costante richiamo alla Resistenza nel presente

Incursioni partigiane per le strade di Genova: flashmob, incontri e assemblee che culmineranno in uno spettacolo teatrale, voci di partigiani di ieri e giovani di oggi per trasformare la memoria in materia viva. Un album di canzoni che è una collezione di storie di chi ha combattuto per la libertà nell’Oltrepò Pavese: testimonianze in musica e parole. Un festival a Monte Sole, nei luoghi dell’eccidio di Marzabotto, che sarà la Woodstock della Resistenza. Si dormirà sul pratone e uno spettacolo itinerante farà tappa nei borghi contadini: ognuno è un capitolo della storia di uno dei più gravi crimini di guerra contro i civili. Gli ottant’anni dalla Liberazione dal nazifascismo non saranno solo una ricorrenza celebrativa: mentre i testimoni ancora vivi sono sempre meno si va affermando in tutta Italia la necessità di tramandare la memoria ancorandola al presente. E rendere il 25 aprile un esercizio civile e collettivo: attraverso la cultura.

 

Una «chiamata alle arti», la definisce Davide Livermore, direttore del Teatro Nazionale di Genova, città medaglia d’oro della Resistenza per essersi liberata da sola dai nazifascisti. Lo spettacolo “D’Oro. Il sesto senso partigiano” - regia e drammaturgia di Giorgina Pi e direzione artistica di Livermore – andrà in scena il 25 aprile al Teatro Ivo Chiesa alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In parallelo, incursioni partigiane a cura di Mercedes Martini testimonieranno che oggi, come ottant’anni fa, i progetti coraggiosi nascono da comunità variegate. «C’è stato un tempo in cui si pensava che i valori della Resistenza si rigenerassero da sé – sottolinea Raffaella Rocca, responsabile delle attività culturali del Teatro Nazionale di Genova – non è così: il filo della memoria si è indebolito. Ma non si è spezzato». “D’Oro” nasce dalla ricerca di Gad Lerner e Laura Gnocchi, confluita in un romanzo collettivo e nel portale online “Noi Partigiani” che raccoglie circa 900 testimonianze: un memoriale umano. Il lavoro di Giorgina Pi consiste nel cucire queste storie con quelle dei partigiani di oggi: «Liceali, universitari, lavoratori – spiega la regista – vedo grande voglia di cittadinanza attiva. Quello che stiamo facendo dovrebbe essere il dovere di molti artisti e intellettuali: la mia idea di Resistenza attraverso il teatro è sempre passata attraverso la fantasia. La radicalità della fantasia». Ragazzi e ragazze di diverse provenienze andranno dunque a comporre un coro civile «che intonerà gli articoli della Costituzione – sottolinea Livermore – una rivoluzione».

È un percorso artistico e storico, un lavoro di teatro civile ventennale quello di “archiviozeta”: i direttori artistici sono Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni, autori e produttori indipendenti. Il nome si riferisce alla ricerca d’archivio come memoria umana e al fatto che gli oppositori al regime dei colonnelli in Grecia scrivevano sui muri “Zeta – è vivo” quando uno di loro veniva ucciso. Nel parco storico di Monte Sole, il 25 e 26 aprile, metteranno in scena “Facoltà di Resistenza”, azione teatrale itinerante in collaborazione con l’Università di Bologna: un percorso a stazioni nei luoghi dell’eccidio. Ma prima, a Bologna, allestiranno l’esperimento per studenti e adulti “La zona grigia” (da “I sommersi e i salvati” di Primo Levi): un invito a riflettere sul fatto che il mondo non è bianco o nero, ma fa i conti con un’ambiguità che dobbiamo imparare a riconoscere in noi stessi. «Il nostro lavoro è sempre legato all’analisi dell’essere umano – raccontano Guidotti e Sangiovanni – cosa significa unirsi a una banda partigiana, non accettare le leggi razziali? Sono scelte. Quelle che poniamo a studenti e studentesse sedute in cerchio: facciamo domande, li coinvolgiamo in una votazione. Quello che notiamo è che con la congiuntura politica attuale questi temi ritornano. Qualche anno fa percepivamo un certo rifiuto: ora invece si mettono in discussione». Il parco di Monte Sole, dove andrà in scena “Facoltà di Resistenza”, è un esercizio di comunità: «Fa la differenza – spiegano – questi luoghi rimasti disabitati vengono attraversati dallo spettacolo e lì portiamo analisi storica e politica, provando a ritrovare significato. Non vogliamo lavorare solo sulle vittime ma su come siamo oggi: la nostra capacità di tollerare i morti nel Mediterraneo, la narrazione del riarmo».

 

Un altro luogo dalla potenza simbolica è la casa colonica della famiglia Cervi a Gattatico, Reggio Emilia: spazio della memoria dell’eccidio dei sette fratelli, oggi centro studi e Museo di storia contemporanea per l’antifascismo. In attesa del Festival di Resistenza, dal 7 al 25 luglio, il 25 aprile si festeggerà la liberazione in musica con Vinicio Capossela, la Bandabardò, Cisco, i 99 Posse. E con dibattiti: tra gli ospiti Marco Damilano, la presidente del Consiglio degli studenti dell’Università di Padova Emma Ruzzon e Flora Monti, la più giovane staffetta partigiana della Storia.

 

Le lotte partigiane nell’Oltrepò Pavese diventano un viaggio musicale: “La Collina è Libera” è il titolo dell’ultimo album dei Bataquaerch (in dialetto, battitori di coperchi). Nove brani per ripercorrere la Storia: dalla battaglia di Costa Pelata alla liberazione di Varzi alla vita di partigiani come Giovanni Pesce che aderì alle Brigate internazionali e poi venne confinato a Ventotene. «Tutto è iniziato con un libriccino, “Parlano ancora”, le testimonianze di partigiani delle nostre terre – racconta Matteo Zanesi (alle percussioni), membro del gruppo con Camillo Moroni (voce e chitarra), Antonio Carta e Paolo Ciotta (chitarra e voce), Giovanni Lanfranchi (violino e mandolino), Andrea Lafiura (basso) – l’obiettivo è fare memoria togliendo un po’ di retorica, anche di sinistra, per spiegare che anche oggi si può decidere da che parte stare. La Resistenza l’hanno fatta contadini, persone comuni, ma anche preti, nobili come il comandante Maino, che era un conte». Un lavoro iniziato con l’album “Oltre il Po” che qui si spinge in là: «All’oggi. Qualcuno ci dice: i soliti comunisti – sorride Zanesi – ma noi vogliamo far capire il senso di questi valori. E abbiamo un palco a disposizione».

 

A Milano il Comune ha presentato un fitto progetto di azioni, “Tempo di pace e Libertà. Ottant’anni di Liberazione”. Tra le iniziative, la mappa “80 luoghi per 80 anni di libertà”, per calare la memoria sul territorio tra vie e piazze. Nelle biblioteche ci saranno incontri di lettura per le scuole, vetrine bibliografiche tematiche con riferimento alla città e ai suoi quartieri.

 

Sarà un modo per restituire voce ai morti per la Resistenza il progetto “Vite Libere”: al teatro Biagi D’Antona di Castel Maggiore i cittadini e le cittadine di otto comuni dell’area metropolitana di Bologna leggeranno “Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana”, e a queste affiancheranno le loro riscritture contemporanee. Il progetto – da un’idea di Alessandro D’Amato, direttore artistico della stagione Agorà e curato da Donatella Allegro con la collaborazione delle sedi Anpi dell’Unione Reno Galliera – nasce per «raccoglierne il testimone – spiegano – assumendosi il compito di ristabilire la giustizia, lottare per democrazia e uguaglianza. Provare a riconoscere anche oggi chi sono gli sfruttati, chi i giusti. Chi i partigiani».

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