L'Europa sta affrontando un’epoca di trasformazioni radicali e conflittualità multidirezionali, dalle sfide economiche e sociali alla geopolitica internazionale. Una delle principali leve di sviluppo è rappresentata dall’impulso all’innovazione, con l’annuncio da parte della Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen del Piano InvestAi, che mette a disposizione un fondo da 20 miliardi di euro a favore delle gigafactories e un totale di 200 miliardi per lo sviluppo delle tecnologie avanzate, tra cui l’intelligenza artificiale.
Un tema sempre più cruciale anche per l’Italia, tanto che nel corso dell’anno è attesa la prima legge nazionale per l’industria dei data center, infrastrutture energivore in piena espansione per la crescente richiesta di servizi digitali e di interesse per la sicurezza europea, dei Paesi membri e dei singoli territori. In Italia nel 2023 questo mercato ha raggiunto un valore di 654 milioni di euro (10 per cento in più rispetto all’anno precedente), con una previsione di raddoppio entro il 2025. Numeri che riflettono il bisogno di rinnovare le infrastrutture energetiche per garantire una potenza di calcolo adeguata. Anche l’automazione dei data center, privilegiando soluzioni basate sull’intelligenza artificiale e su architetture Software-Defined, rappresenta un elemento cruciale per la trasformazione digitale delle infrastrutture It a cui servono livelli più elevati di efficienza, scalabilità e sicurezza.
Una legge strategica, dunque, che mira a incidere su aspetti quali la semplificazione burocratica, il potenziamento della rete elettrica, la sicurezza informatica e la transizione ecologica. Per raggiungere questi obiettivi, bisogna considerare anche fattori critici come la mancanza di una rete elettrica efficiente e un costo dell’energia molto superiore alla media europea (48 per cento in più rispetto alla Spagna e 40 per cento in più sulla Francia), che impediscono alle aziende del settore di essere competitive in contesti internazionali. Da qui la necessità di implementare strategie integrate che accompagnino le twin transitions, troppo spesso affrontate in maniera frammentata, e rispondere in modo coordinato alla necessità di rafforzare l’industria dell’energia e quella tecnologica.
Le politiche dovrebbero indirizzare risorse in modo mirato, così da generare un effetto moltiplicatore per sostenere lo sviluppo strategico dell’Europa. La parcellizzazione rischia infatti di inasprire le disuguaglianze, mentre il recupero della competitività e il ruolo di hub strategico per gli investimenti infrastrutturali passano anche dall’ascolto dei bisogni territoriali e dalla valorizzazione degli asset condivisi.
È importante ragionare non più soltanto in una chiave di interesse nazionale, ma anche di interesse europeo. Partendo dai principi di stabilità, prosperità, sicurezza e benessere collettivo delineati dai padri fondatori dell’Unione, bisogna risvegliare l’attenzione su un progetto valoriale per affrontare in modo congiunto e complementare temi quali la sicurezza comune, la stabilità economica e monetaria, le politiche ambientali, la politica estera e commerciale, la tecnologia e l’innovazione. Nel rispetto delle peculiarità di ogni Stato, l’Unione Europea deve essere unita nei valori condivisi. L’articolo 11 della Costituzione italiana rappresenta ancora la base giuridica e politica per l’integrazione europea e per la definizione stessa di interesse europeo, consentendo le limitazioni di sovranità per partecipare volontariamente al bene comune, alla protezione degli assetti sociali, delle imprese, del lavoro e delle famiglie.