«Se vi prendete la ragione agiremo in torto», si legge su uno striscione appeso fuori dal tribunale di Torino il 31 marzo. Alle 10 del mattino è stato chiamato un presidio che ha raggruppato centinaia di solidali in occasione della sentenza di primo grado della cosiddetta Operazione Sovrano. Un processo sicuramente senza precedenti nei confronti di 28 imputati legati al Movimento No Tav, all’Askatasuna e allo Spazio Popolare Neruda a Torino.
L’accusa, originariamente di associazione sovversiva, è stata poi derubricata ad associazione per delinquere, affermando, tra le cose, che il centro sociale Askatasuna è responsabile e istigatore di tutte le lotte sociali della città. Il maxiprocesso conta 72 capi di imputazione per 88 anni di carcere. La procura e le parti civili, tra cui i ministeri e l’avvocatura dello Stato, chiedono 7 milioni di euro, 3 milioni dei quali per «danno d’immagine allo Stato». In tredici anni le indagini sono state onerose: ore di intercettazioni ambientali e telefoniche e pedinamenti.
L’Operazione Sovrano è un fascicolo di oltre cinquemila pagine presentato in tribunale a maggio del 2022 in cui vengono originariamente contestati 112 reati. Le inchieste contro i No Tav, l’Askatasuna e lo Spazio Popolare Neruda sono state caratterizzate da strane fughe di notizie, così come da una convergenza tra Procura, Questura, società Telt e destra nazionale e locale.
Tra le ingerenze intorno all’Operazione Sovrano, il ruolo di trasmissioni come Quarta Repubblica. Il programma ha coperto il processo all’Askatasuna condividendo materiale video della Digos, in contrasto con una specifica previsione legislativa. Carlo Ambra, ex capo della Digos e protagonista delle indagini contro l’Askatasuna, il Neruda e il Movimento No Tav, sembrerebbe anche coinvolto nella vicenda Almasri, generale libico indagato per crimini contro l’umanità e crimini di guerra dalla Corte Penale Internazionale. Il sospetto deriva dai legami tra gli uffici che hanno gestito il caso e la promozione per Ambra, arrivata tre giorni dopo il rilascio del libico. Questo potrebbe minare quantomeno la legittimità di alcune indagini, se non di tutta l’Operazione.
Le vicende grottesche, surreali – e a tratti ridicole – intorno all’Operazione Sovrano le ha riassunte Daniela Bezzi: «L’Askatasuna è un’associazione sovversiva con l’intento di sovvertire lo Stato con azioni violente. No, correggiamo. Non tutta l’Askatasuna è un problema, sono solo 69 appartenenti all’associazione Askatasuna, a comporre l’associazione sovversiva. No, correggiamo di nuovo. L’Askatasuna è un’associazione a delinquere, che usa la politica per commettere dei reati. No: correggiamo ancora una volta. L’associazione a delinquere riguarda 16 persone, che fanno riferimento all’Askatasuna» (Centro Studi Sereno Regis, 2022).
Non sono processi maldestri, tutt’altro. Nei decenni la criminalizzazione del Movimento No Tav così come dei centri sociali torinesi è, e continua a essere, laboratorio di repressione. In Val di Susa e a Torino lo Stato tenta e ha tentato, con ogni mezzo, di criminalizzare il dissenso. Alle 15,30 del 31 marzo, dal tribunale di Torino la folla intona: «Nessuno mi può giudicare» di Caterina Caselli, canticchiando «la verità ti fa male, lo so». Vengono condannati diciotto imputati e assolti in dieci, cade il capo d’imputazione di associazione a delinquere.