I giovani per vivere in affitto devono spesso pagare un canone che non è commisurato al loro reddito. L’offerta è ormai sfociata nella speculazione e si arriva (tra l’altro sempre più spesso) a casi limite come quello di non voler affittare un immobile a chi non ha un contratto a tempo indeterminato, fino al versamento di due o più mesi di caparra e di alcune mensilità di affitto anticipate. Per non parlare poi, ovviamente, del nero. Il mercato è fuori controllo e viene alimentato dal mercato turistico dei bed and breakfast che spuntano come funghi. È sempre più diffuso il fenomeno, nelle grandi ma anche nelle piccole città, di chi ha una casa in centro, si trasferisce in periferia e l’affitta agli stranieri per week-end o periodi brevi.
Dura la vita, dunque, per i giovani in cerca di casa in affitto. Ma anche chi vuole acquistarla trova la strada in salita. I prezzi degli immobili non scendono nonostante il volume delle compravendite sia in calo. Poi c’è il problema dei mutui, sempre più cari: da ottobre a oggi sono aumentati di quasi 4 punti percentuali. E non ultima la necessità di dare assicurazioni alla banca erogatrice: come? Garantisce solo chi ha un contratto a tempo indeterminato e oggi, si sa, questa non è una condizione che appartiene a molti giovani.
L’Unione europea, intanto, ha messo sul tavolo la riqualificazione green delle case che si inserisce nel più vasto programma della transizione ecologica. Il problema esiste anche se è di complicata realizzazione e soprattutto richiederà molto tempo. Sono 1,8 milioni gli immobili interessati da questa rivoluzione ambientale che sono e saranno di proprietà della seconda generazione dei cittadini nati nel dopoguerra. «Nel nostro Paese sussiste il problema dei centri storici della maggior parte delle città», nota Alberto Bruschini, ex banchiere, oggi attento osservatore dei fenomeni economici. «Un simile provvedimento richiede, innanzitutto, il rifacimento integrale della legge urbanistica con l’indicazione di ciò che potranno fare i comuni e le regioni, accompagnata dall’elaborazione di un piano industriale, inserito in quello europeo, che preveda la costruzione di un fondo europeo mutualizzato».
Non bisogna infatti dimenticare che si tratterà di interventi con spese rilevanti per i proprietari delle abitazioni con benefici, costituiti dai risparmi nei consumi energetici, che si distribuiscono nel tempo. Proprio per questo torna più che di attualità il problema dei bassi salari e degli stipendi dei cittadini della seconda generazione, che, a differenza di quelli della prima generazione, hanno un reddito familiare mediamente molto basso, il quale non consente loro di sostenere spese di investimento di questa natura, anche se diluite con finanziamenti a medio termine e con lo scarico decennale di questo tipo di spese dalle tasse in una percentuale difficilmente superiore al 50%.
C’è poi la questione della possibilità dell’intervento dello Stato. La salute attuale del bilancio pubblico non consente di aiutare i cittadini. La capacità della spesa del settore pubblico allargato è pari a zero. Quindi, la riqualificazione green degli immobili finisce col riproporre il problema della crescita, dell’aumento di salari e stipendi e del contestuale rientro del debito entro una percentuale del rapporto con il Pil intorno al 100%, nonostante vi sia la possibilità di attingere a fondi europei.