Radici arabe, sound che funziona a Parigi, a New York e sulla Bbc. Dopo la sbornia di festival estivi la giovane artista campana si prepara a RomaEuropa. Dalla newsletter de L’Espresso sulla galassia culturale arabo-islamica

Dal Piemonte alla Toscana, dalla Puglia all’Emilia si è fatta notare in tanti festival, quest’estate: LNDFK (all’anagrafe Linda Feki), producer/songwriter e polistrumentista italo-tunisina nata in Tunisia, cresciuta a Napoli e ora di stanza a Parigi, era una delle proposte più nuove dal festival Apolide di Pianezze di Vialfré (Torino) al Torino Jazz Festival, da “La prima estate” di Lido di Camaiore al Viva! di Locorotondo alla rassegna acieloaperto di Cesena. Chi l’ha persa può recuperare a Roma, dove dall’8 al 10 ottobre sarà uno dei volti del RomaEuropa Festival, ospite, insieme alla cantante italo-colombiana Joan Thiele e a NAVA, cantautrice iraniana trapiantata a Milano, del focus Line Up! di Giulia Di Giovanni e Matteo Antonaci sulla scena pop e urban.


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LNDFK nella sua musica crea un sound che parte della radici italo-arabe per mischiare jazz ed elettropop con richiami all’oriente, alle colonne sonore, ad ambiti melodici raramente frequentati dalle avanguardie. Un mix che ha un appeal internazionale, come si è visto dall’attenzione di radio straniere (Bbc, Worldwide Fm, Nts) e del Primavera Sound di Barcellona. Al centro dei concerti c’è l’album “Kuni”, il suo esordio (uscito per la label newyorkese Bastard Jazz e in Italia per La Tempesta) dopo un Ep e vari singoli che già l’avevano fatta conoscere. Come l’artista ha spiegato a Rolling Stone, «il disco è versatile, mi permette di presentarlo in varie formazioni: in solo, in trio, quartetto o quintetto. Il mio sogno è farlo in sette, con tutta la band».

“Kuni”, nato anche dalla collaborazione con Dario Bass, racchiude dieci canzoni originalissime e ipnotiche, che mischiano richiami all’arte e al cinema (Mirò, Takeshi Kitano) ma anche alla poesia (“Se mi stacco da te mi strappo tutto” di Edoardo Sanguineti). Ma la prima fonte d’ispirazione è l’autobiografia: Kuni è un nomignolo dell’artista, che tra gli ispiratori del suo lavoro cita il libro di Bessel Van der Kolk “Il corpo accusa il colpo”, un testo fondamentale per la terapia di chi ha subito traumi fisici o psicologici. «Io soffro di disturbo post-traumatico, che ogni tanto si manifesta sotto forma di incubi», ha raccontato LNDFK a “Rolling Stone”. «La canzone “Ku” è nata dopo uno di questi incubi ricorrenti, in cui però riuscivo a difendermi con una katana. Quando mi sono svegliata ho deciso di fissare quel momento e di inventare un alter ego che potesse parlare al mio posto, interpretava la mia vendetta immaginaria».

 

Sullo stesso tema è il film “Hana-bi” di Kitano, un noir che vede due poliziotti scoprire che la vita è possibile anche dopo un trauma: al film sono dedicate le due versioni del pezzo portante del disco, “Hanabi” e l’omaggio al regista, “Kitano”. Un film da vedere o rivedere prima del concerto di RomaEuropa, perché come accade nelle opere che funzionano, conoscere i modelli che hanno ispirato “Kuni” non è essenziale per apprezzare la musica di LNDFK: però aiuta.

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