Non è una battuta: a causa del riscaldamento globale, entro il 2050 le uve italiane e francesi non produrranno più i vini di adesso. Unica possibilità: far crescere i vigneti in Scandinavia o nel nord della Cina
Pronti a dire addio a barolo, pinot e primitivo? Conservate le vostre bottiglie migliori, perché, di questo passo, le regioni tradizionalmente associate alla coltivazione di uve da vino subiranno un inarrestabile declino. È l'allarme lanciato sulle pagine di "Pnas" da Lee Hannah e dai suoi colleghi del Betty and Gordon Moore Center for Ecosystem Science and Economics, in Virginia. Gli scienziati puntano il dito contro il riscaldamento globale, che sta compromettendo sempre più il delicato equilibrio di umidità e temperatura necessario per la crescita dei preziosi grappoli.
Le previsioni sono tutt'altro che rosee: la temperatura media potrebbe aumentare di quasi cinque gradi entro il 2050, e, in questo scenario, l'area delle regioni vinicole tradizionali si ridurrebbe sensibilmente.
A farne le spese soprattutto Francia e Italia, con punte dell'85 per cento in meno di vigneti nelle zone del Bordeaux, della Valle del Rodano e della Toscana. Più precisamente, spiegano gli scienziati, l'uva continuerà a crescere, ma mantenerne inalterate le caratteristiche diventerà troppo impegnativo, perché sarà necessario ricorrere a costosi ausili tecnici per raffreddare gli acini. E aumenterà significativamente anche il volume di acqua necessaria a irrigare i vigneti.
Finirà così che nelle cantine potrebbero entare prepotentemente bottiglie provenienti dalle regioni fresche della Scandinavia e della Gran Bretagna. E, forse, addirittura dall'Oriente: i ricercatori indicano le regioni collinari della Cina come ottime candidate a sostenere il futuro dell'enologia.