Che siate ciclisti, camminatori o che non vi muoviate dal divano, ecco una selezioni di testi per andare altrove

Dimenticate il Colosseo e andate al "chilometro botanico" con la guida di Tiziano Fratus ("Manuale del perfetto cercatore d'alberi", Kowalski). Si può guardare Roma ignorando i monumenti e cercando i suoi alberi, come il cedro del Libano in viale dell'Orologio, con la imponente cupola ramificata: una cattedrale naturale di oltre venti metri di altezza. Quello del cercatore d'alberi è un viaggio prima di tutto nell'umiltà che dovrebbe mostrare l'uomo nei confronti della natura, per rispetto di opere d'arte come il Pinus longaeva in California, per esempio: il più vecchio albero del mondo con i suoi 4.841 anni. Gli alberi danno l'opportunità per intensi viaggi nel paesaggio naturale. Nella prima parte del libro l'autore parla di alberografia (un nuovo turismo ambientale), dei tree-huggers e della recente moda di costruire case per vivere sugli alberi. E poi, tappa dopo tappa, ci indica un gran numero di viaggi per alberi: sulle Alpi, nei parchi cittadini di Singapore, nei boschi protetti degli Stati Uniti, fino ai 12 monumenti della natura da non perdere in Italia, come la quercia di Pinocchio.

Quando un ciclista si mette a pedalare lontano dal gruppo ne vengono fuori viaggi lenti, con itinerari che disegnano un territorio sentimentale. Come dimostra Francesco Ricci ("Velopensieri", Ediciclo) che sull'Appennino emiliano scova Riolunato, il paese dove non rubano le biciclette. Da questi racconti di percorsi minimi, di itinerari quasi domestici, scopriamo quanto l'andamento lento dei pedali di una bicicletta possa conciliare meditazioni profonde e un punto di vista più acuto sul nostro paesaggio, sull'Italia che «soffre di tachicardia, perché non si ama». In questo libro si scopre chi frequenta il Roxy Bar di Vasco Rossi, cosa sono gli "incontri ravvicinati del ciclotipo", e i menù più adeguati per contrastare le diverse forme di fame, durante o dopo un viaggio in bici. Ricci ricorda la bellezza delle strade secondarie e invita a partire da soli, in giro «a guardare le lapidi dei partigiani morti, alberi solitari, solchi nei campi, dove un giorno torneranno i papaveri, e allora sì, sarà finalmente estate».

La poesia è un'esperienza dell'altrove. Ancor più quando i versi ci parlano dai differenti angoli del mondo. "Il doppio sguardo" di Nicolas Bouvier (Ets/alleo poesia) raccoglie mappe di rivelazioni, come a Trebisonda nel 1953, dove «quel mezzogiorno/la vita era così bella e ingannevole/che le hai sussurrato/vammi a perdere dove vorrai». Siamo di fronte a una guida che per invogliare al viaggio non parla di musei o ristoranti speciali, ma induce nel lettore la nostalgia di amori o avventure d'infanzia. Nicolas Bouvier scriveva facendo uso di alcol, ascoltando ossessivamente un quartetto di Debussy e passando ore a spaccare legna. Di diritto nella schiera degli stravaganti, lo scrittore-viaggiatore svizzero è uno degli ultimi errabondi contemporanei, come Michaux e Chatwin. Ed è famoso per il suo viaggio da Ginevra al Giappone, tra il 1953 e il 1956, a bordo di una Fiat Topolino, quando ancora non sapeva che «in un altro altrove/si dovrà/più leggeri di una palla di cardo/sparire in silenzio/e ritrovare il vento delle strade».

La vita è fatta di passaggi: da una casa a un'altra, da un lavoro a un altro, oppure in autostop. Leggendo "Passaggi. Avventure di un autostoppista" di Paolo Pergola (ExOrma) si può tornare al tempo in cui alzare il dito sul ciglio della strada era la regola per i viaggi dei giovani. Tuttavia i passaggi di Pergola non sono il frutto di un'epoca e di una moda, ma la caparbietà di un uomo che ha deciso di vedere il mondo insieme ai suoi temporanei accompagnatori. Scrive: «Ho la soglia alta. Posso iniziare alle otto del mattino e rimanere in attesa fino alle quattro del pomeriggio, col pollice a mezz'aria, senza gettare la spugna». L'avvio vede l'autore sedicenne in auto col padre verso Grenoble, mentre cerca di leggere "Il lupo della steppa" di Hesse, ma le curve glielo impediscono (un libro che non riuscirà mai a finire, perché anche sul divano di casa gli provoca conati di vomito). Il padre va a una riunione di lavoro, l'autore adolescente a trovare un amico. Il padre in ritardo lo molla in strada e lui si arrangia: il suo primo passaggio è su una 126 Fiat guidata dalla francesina Valérie. Fantastico il viaggio tra Parma e Milano con il guidatore che cerca di convincerlo a seguire un corso di scrittura creativa per diventare un autore di successo. E poi Alaska, Messico, Cina, Norvegia, Arizona, Portogallo. Tutto con un pollice alzato.

Un titolo ispirato a Vittorini: "Americana" (Il Saggiatore). Ma questa non è un'antologia che presenta scrittori, né una classica guida di viaggio. Piuttosto siamo di fronte a un'enciclopedia e a un intento illuminista. Gli autori, guidati da Mario Maffi (uno dei massimi studiosi di cultura angloamericana), compongono un enorme affresco degli Stati Uniti dove dalla A che rimanda al drappo rosso del romanzo di Nathaniel Hawthorne, "La lettera scarlatta", a Zzv che è il codice internazionale dell'aeroporto municipale di Zanesville in Ohio, illustrano tutto l'universo americano. Sono descritti luoghi comuni come la Coca-Cola, la apple pie, Broadway, il chewing-gum, Disneyland, il rap, la Route 66, il Vietnam, ma anche approfondimenti di temi meno famosi eppure fondamentali per capire il "Nuovo Mondo": Appomattox, il Maccartismo, Dallas, il Ku Klux Klan, i Peanuts, i romanzi hardboiled. Senza per forza leggere dalla prima all'ultima pagina, ma anche solo compulsando qua e là tra le pieghe di questo immenso lavoro, è possibile rintracciare piccole o grandi motivazioni per organizzarsi il proprio viaggio negli Stati Uniti, con un viatico più utile di qualsiasi guida tradizionale.